mercoledì 27 febbraio 2008

In Videoteca_ E' uscito il Dvd de "Il Petomane" di Ugo Tognazzi. In parte girato a Montecarlo...

(La copertina del Dvd edito da Filmauro)

Storia vera, ma ben romanzata, di Joseph Pujol, attore francese di varietà tra XIX e XX secolo che divenne famoso come il "Paganini del peto" per la sua capacità di emettere con lo sfintere, in gamma varia, suoni, arie e venti dall'ano. Egregio il lavoro del grande ed indimenticabile Ugo Tognazzi che comincia in farsa spetezzante, diventando commedia drammatica, per sfiorare il melodramma chiudendo in chiave di satira politica. Storiche per noi le scene girate nel teatro dei Rassicurati che Tognazza/Pujol acquista per rilanciare in proprio i suoi spettacoli durante la trama/biografia del film. Girato anche a Montecatini e Viareggio dove più sono interamente conservati i capolavori delperiodo Lyberty, questo Dvd non può certo mancare nelle videoteche personali di ogni Montecarlese. Non ci sono news per ora su una edizione in Dvd de Il dito della Piaga girato nel centro storico nel 1969, mentre si può trovare comodamente Bagmomaria di Panariello che ambienta una scena all'interno della Pieve Romanica di San Piero in campo. Ci sono molte cronache sulle storie dei set di molti di questi film, presto raccolte ve le narraremo. Il Dvd si trova facilmente nei grandi supermercati della home video come a Mediaworld o Euronics, oppure su internet con vendita on line. Il prezzo è di 19,99 euro, gli extra sono scarsi e comprendono solo il trailer.

L'erede del Bobbe



Storia e Tradizioni_ Carlo IV di Lussemburgo ovvero il padre fondatore di Montecarlo

(busto di Carlo IV. Una riproduzione è esposta nel Municipio a Montecarlo)

Carlo IV° di Lussemburgo nacque a Praga il 6 maggio 1316. Suo padre Giovanni, detto il Ceco, era figlio dell’imperatore Arrigo VII° e sua madre Elisabetta era sorella di Venceslao III°, re di Boemia. Come ultima discendente diretta dei Premyslidi Elisabetta ereditò la corona boema che trasferì al marito. Alla nascita il futuro imperatore fu chiamato Venceslao, nome dei nonno materno, anche lui Venceslao. Nel XIV° secolo le alleanze matrimoniali giocavano un ruolo importante, sia per i Capetingi ed i Valois che per i Lussemburgo (Carlo IV° si sposò 4 volte, sempre con eredi di case principesche: Bianca Margherita di Valois nel 1324, Anna del Palatinato nel 1349, Anna di Scheidnitz nel 1353 ed Elisabetta di Pomerania nel 1365). Nel 1309 veniva eletto papa il francese Bertrand de Got, arcivescovo di Bordeaux, con il nome di Clemente V°, il quale, dopo aver rifiutata la sede di Roma, si fece incoronare a Lione e fissò la sua sede ad Avignone in Provenza, dove il papato poi sarebbe rimasto per circa 70 anni. La completa subordinazione della curia pontificia al re di Francia permise così al giovane pincipe Venceslao di Lussemburgo di poter mirare alla corona tedesca. Nel 1324 venne mandato alla corte di Parigi, grazie al matrimonio di sua zia Bianca con Carlo IV° il Bello, re di Francia ed ultimo dei Capetingi (1294-1328) ed in onore del potente zio cambiò il suo nome da Venceslao a Carlo. Ricevette una educazione da sovrano, frequentando la Sorbona di Parigi, dove ebbe come insegnanti i più illustri maestri del tempo, occupandosi di problemi giuridici e filosofici ed interessandosi probabilmente anche alla “De Monarchia” che Dante Alighieri aveva scritto verso il 1300, opera in cui si teorizzava sulla necessità di un impero universale e di una netta distinzione tra Impero e Papato, ipotizzando una nuova specie di principe democratico mediatore di pace e di giustizia. Nel 1324 si sposò la prima volta con Bianca Margherita di Valois, sorella del re di Francia Filippo VI° (1328-1350) e tornò a Praga, incominciando ad amministrare, insieme al padre Giovanni, il difficile regno boemo, partecipando anche attivamente a molte campagne espansionistiche. Carlo aveva soprattutto analizzato le esperienze dei suoi predecessori, imparando a destreggiarsi nella delicata situazione imperiale germanica e nel ginepraio italiano, rinunciando saggiamente ad un” Romerzug “ a tutti i costi e rivalutando gli antichi princìpi di sacralità dell’impero, ben lontano dal proposito di diventare un tiranno prevaricatore e mettendo in pratica un nuovo modo di esercitare il potere. Nel 1331 venne chiamato in Italia dal padre Giovanni, il quale sperava di poter trasformare il ginepraio italiano in un regno unitario per poter poi iniziare, con buone possibilità di riuscita, la scalata al trono imperiale. Carlo attraversò la Savoia e la zona di Losanna, arrivando a Pavia, a Lucca, a Parma e poi di nuovo a Pavia. In Italia il giovane principe ebbe subito occasione di dimostrare il suo valore quando, nel novembre del 1332 al comando delle truppe boeme e tedesche, sconfisse nella battaglia di San Felice di Moneda la coalizione italiana degli Estensi, degli Scaligeri e dei Gonzaga. Tornato in Boemia, il padre gli conferì il titolo di margravio di Moravia e Carlo si dedicò al governo del regno, organizzando una solida amministrazione, che gli permetteva una sufficiente raccolta di fondi per mantenere l’apparato militare. Tornò in Italia nel 1339 soprattutto per creare un’intesa con Bertrando de Saint Genies, principe del Sacro Romano Impero, nominato patriarca di Aquileia. nel 1334 dal papa Giovanni XXII°, che lo stimava per la sua saggezza e per le sue abilità diplomatiche. Bertrando, nato in Francia nel 1260, era docente all’università di Toulouse ed era ormai abbastanza in là con gli anni quando il papa lo aveva scelto per reggere il patriarcato. Entrò in Aquileia il 28 ottobre del 1334, dimostrando subito, non ostante l’età, grande fermezza ed impegno nella riorganizzazione del suo principato friulano, regione di estrema delicatezza ed importanza del Sacro Romano Impero, soprattutto come frontiera orientale ed abituale via d’entrata in Italia delle scorrerie degli Avari, Ungari, Slavi e degli Unni. Carlo fu ospite di Bertrando in Cividale e ad Udine e qui perfezionarono accordi in base ai quali Carlo dava completo appoggio all’opera di Bertrando, il quale da parte sua lo aiutava nel controllare la situazione del Tirolo, una delle vie di transito di grande importanza tra la Germania e l’Italia, tenendo d’occhio anche la Carinzia. Bertrando, nella lotta contro i conti di Gorizia, appoggiati dagli Absburgo ed antagonisti abituali del patriarcato, aveva dimostrato una grande determinazione ed audacia, quasi una seconda giovinezza (“virga ferrea”) e dopo un periodo di relativa pace e chiariti i rapporti con i duchi d’Austria, a 76 anni compiuti, aveva impugnato la spada ed alla testa dei suoi soldati dapprima conquistava Venzone, sconfiggendo a Braulins nel 1336 le truppe dei conti di Gorizia, poi occupava Cormons e nel Natale del 1340, dopo aver celebrato la messa indossando l’armatura, assediava la stessa Gorizia, con i conti rinchiusi nel Castello. Raggiunta una specie di tregua con i goriziani, aveva molto migliorato la situazione nel suo principato, favorendo il commercio ed arricchendo la zona mediante l’istituzione di un libero mercato a Venzone, piccola cittadina, però perno del sistema difensivo della strada Pontebbana, via di collegamento tra l’Impero e l’Italia. A Cividale poi aveva creato una specie di università ed aveva molto favorito l’espansione della piccola città di Udine. Purtroppo non ostante le sue benefiche iniziative, la situazione nel Friuli stava lentamente peggiorando, anche a causa della continua contesa tra Udine e Cividale e per di più nel 1348 si era verificato un terribile terremoto, con migliaia di morti, seguito da una grave pestilenza. Il 6 giugno 1350 il vecchio patriarca Bertrando, ormai novantenne, era di ritorno da Padova, scortato da Federico da Savorgnano, quando un gruppo di congiurati, complici i cividalesi ed il conte di Gorizia, uscirono da Spilinbergo, lo attesero al guado dei fiume Tagliamento nei pressi di San Giorgio di Richinvelda, e qui lo aggredirono ed uccisero selvaggiamente. Trasportata la salma ad Udine, Bertrando ricevette funerali solenni, venne subito beatificato per iniziativa del suo successore, Nicolò di Lussemburgo, fratellastro di Carlo e da allora riposa in una teca della chiesa di Santa Maria, ai piedi del Castello di Udine, chiesa che per suo volere era diventata il Duomo della città. Per Carlo IV° la morte di Bertrando significò una pericolosa destabilizzazione della regione orientale dell’Impero, per di più nel luglio dello stesso anno le truppe del duca d’Austria, approfittando della situazione e con il pretesto di difendere i diritti della Chiesa di Aquileia, avevano occupato il Patriarcato, realizzando il vecchio progetto degli Asburgo di annettersi definitivamente il Patriarcato. Nel frattempo il padre di Carlo, Giovanni, per accattivarsi il re di Francia, aveva combattuto al suo fianco nella campagna contro gli Inglesi, rimanendo ucciso in combattimento il 23 agosto 1346 a Crecy, per cui Carlo gli succedette sul trono di Boemia, venendo anche incoronato re di Germania a Bonn il 23 novembre dei 1346. In quegli anni l’attività di Carlo fu prevalentemente assorbita dal tentativo di imporre il suo dominio in Germania contro il partito di Ludovico il Bavaro, la cui morte prematura nell’ottobre 1347 spianò a Carlo la strada per una buona pacificazione in Germania e per un miglioramento dei rapporti tra Impero e curia papale. Un primo successo di questa politica fu la nomina, da parte del papa Clemente VI°, del fratellastro di Carlo, Nicolò di Lussemburgo e vescovo di Naumburg a Patriarca di Aquileia e questa nomina garantiva a Carlo l’apertura dei valichi alpini per l’Italia. La situazione con gli austriaci, accampati nel patriarcato, era abbastanza drammatica, ma Nicolò, appoggiato da Carlo IV°, riuscì a trovare un accordo con Alberto II° (patto di Budweis - Boemia - maggio 1351). In base al principio di scendere sempre a trattative e compromessi con i potenti ed essere spietati con i piccoli e considerata l’omertà che proteggeva gli uccisori di Bertrando, Nicolò iniziò subito in Friuli una politica di dura e sanguinosa repressione contro i feudatari ribelli, con la loro eliminazione violenta. Udine era diventata con Nicolò la sede del patriarcato, anche perché ormai la vita ad Aquileia, a causa della malaria, era diventata impossibile. Nel frattempo Carlo, come futuro imperatore, aveva fatto ogni sforzo per migliorare la situazione fmanziaria, diventata una vera emergenza per le ingenti spese sostenute per mantenere valido un apparato militare e per le monumentali opere pubbliche da lui iniziate con il preciso scopo di migliorare Praga e trasformarla nella capitale dell’ Impero. Nel 1354-1355 intraprese finalmente il viaggio in Italia per farsi incoronare imperatore a Roma. Aiutato dal fratellastro Nicolò, patriarca di Aquileia, attraversò le varie signorie italiane: nel 1354, passando per Gemona, era arrivato ad Udine il 14 ottobre ed il 3 novembre era a Padova. Riuscì a convincere Lucca e Siena ad essere a lui fedeli e finalmente a Roma ottenne la corona imperiale, suscitando lungo la penisola grande entusiasmo per la restaurazione imperiale che molti speravano potesse portare ad una pacificazione generale. Non è chiaro per quale ragione nel giro di pochi mesi il grande consenso venne meno, anche Lucca e Siena si ribellarono e Carlo fu costretto a rivalicare rapidamente le Alpi. Tra il 1366 ed il 1368 si dedicò alle cure dell’Impero, emanando nel 1356 la famosa “Goldene Bulle” strumento giuridico con il quale veniva regolata la successione imperiale ed il corpo degli elettori, veniva modificato l’assetto dei principati tedeschi ed i rapporti tra principati ecclesiastici e laici, stabilendo l’esatta estensione del potere temporale delle giurisdizioni ecclesiastiche. Nel frattempo nel 1358 era morto il suo fratellastro Nicolò, patriarca di Aquileia e veniva nominato suo successore Ludovico della Torre, nipote del vescovo di Trieste. Questo patriarca, nonostante avesse dimostrato fin dall’inizio una buona volontà, cercando in qualche modo di restaurare il prestigio patriarcale, non ebbe una vita facile, dovendo fronteggiare il partito filo-asburgico capeggiato da un signorotto di Spilinbergo, per di più amico di Carlo IV°, il quale, preoccupato di salvaguardare gli accordi con gli Absburgo, si mantenne neutrale, ma soprattutto dovette fronteggiare lo stesso duca d’Austria, Rodolfo d’Asburgo, che nel 1362 era diventato praticamente padrone del Patriarcato. Ludovico della Torre intraprese contro di lui, senza una adeguata preparazione, senza grandi mezzi e con una esperienza limitata, una disgraziata campagna militare che si concluse con la sua sconfitta e prigionia a Vienna. Ormai ammalato, esautorato ed abbandonato da tutti, morì a Suffumbergo nel 1365. Carlo IV° si rese conto dell’eccessivo aumento di potenza degli Absburgo e delle mire che Rodolfo aveva sul Tirolo, probabilmente si pentì del suo atteggiamento verso Ludovico della Torre e comprese che il patriarcato aveva bisogno al suo vertice di un uomo energico e preparato, per cui, dopo la morte di Ludovico, riuscì a far prevalere il suo candidato, praticamente imponendo alla curia papale di Urbano V° di nominare nuovo patriarca lo svevo Marquando di Randeck, vescovo di Augsburg, nel passato suo personale collaboratore e suo cancelliere imperiale, uomo con grande esperienza d’arme. La linea politica del nuovo patriarca era in sostanza quella dell’imperatore, privilegiare l’asse transalpino, evitare scontri con i principi tedeschi, cercare di farla finita con le guerre intestine e con gli scandali. Nell’estate 1368 Marquando aveva formulato un corpo legislativo uniforme per tutto il Friuli, noto come le “Costitutiones Patriae Fori Julii”, leggi che resteranno in vigore fino al 1797. Nel 1369 Carlo fece il suo ultimo viaggio in Italia, per tentare di consolidare il potere imperiale, che andava indebolendosi sempre più, per celebrare l’effimero rientro del papato a Roma e per l’incoronazione della quarta moglie Elisabetta di Pomerania, ma soprattutto per tentare di riprendere in mano la situazione toscana. Scese in Italia attraverso il Friuli ed il 24 aprile era ad Udine con una sontuosa corte di vari vescovi e ventimila cavalieri. Da Aquileia Carlo partì per Roma, sempre accompagnato dal nuovo patriarca Marquando. La popolazione di Pisa acclamò l’imperatore, anche i rapporti con Firenze furono moto buoni, a Siena rovesciò il governo della città, costituendo una specie di stato democratico in cui la stessa popolazione aveva la funzione di “vicario imperiale”. Finalmente a Roma il papa Urbano V° incoronò la quarta ed ultima moglie di Carlo. Ma, in pratica, questo viaggio si concluse con un insuccesso, perché, dopo l’effimero entusiasmo popolare iniziale, emerse l’ostilità delle varie città e signorie, che mal tolleravano l’autorità imperiale. Carlo lasciò Roma il 17 dicembre e passando per Udine rientrò a Praga il 20 agosto 1369, stanco e sfiduciato. Usò tutte le sue forze per preparare alla successione il figlio primogenito Venceslao, che in effetti nel 1376 venne designato per la corona tedesca. Carlo morì nella sua amata Praga il 18 novembre 1378, di ritorno da un viaggio a Parigi, dove aveva tentato di smorzare, senza grande successo, l’opposizione francese al rientro del papato a Roma. Carlo IV° fu un buon imperatore, che cercò un equilibrio tra l’anima slava della sua gente e le pretese egemoniche germaniche, che avevano creato uno stato amministrato da una efficiente burocrazia tedesca. Seppe fondere in un unico culto nazionale la sacralità imperiale di Carlo Magno ed il ricordo di San Venceslao, elevato a simbolo e patrono della Boemia, il quale, educato nella fede cristiana dalla nonna santa Ludmilla, aveva evangelizzato la sua gente. Marquando di Randeck, che aveva cercato in tutti i modi di far rinascere il prestigio del Patriarcato di Aquileia, si trovò invischiato in una lunga guerra con Venezia, con il Friuli sconvolto dalle continue e disastrose scorrerie di armati. Morì nel 1380, quando ormai anche il suo amico ed imperatore Carlo IV° era morto da due anni. Il figlio di Carlo, Venceslao, era un intrigante, in Boemia appoggiò l’elemento boemo contro quello tedesco, venne deposto nel 1400 e morì assassinato nel 1419. La corona passò a suo fratello Sigismondo (1368-1437), che fu l’ultimo imperatore della dinastia dei Lussemburgo(1 433-1437). Il matrimonio di sua figlia Elisabetta con Alberto V° favorì il passaggio della corona imperiale agli Asburgo e la Bosnia diventò parte integrante dell’impero austro-ungarico.
Il Corriere della Sila

martedì 26 febbraio 2008

In Libreria_ Il Cammino Secondo Thoreau



HENRY DAVID THOREAU, Camminare, SE EDIZIONI, Milano, 1999, pagg. 78, € 11

Above all, we cannot afford not to live in the present” H.D. Thoreau.
Ogni tramonto a cui assisto fa nascere in me il desiderio di andare verso un ovest remoto e puro come quello in cui il sole si inabissa”… H. D. Thoreau.

Walking” è il testo di una conferenza tenuta dal celebre scrittore e filosofo americano Henry David Thoreau nel lontano 1851. Nonostante sia passato oramai più di un secolo dalla sua prima apparizione, questo libro risulta più che mai di attualità, visto che la “pratica nomadica” è sempre più messa da parte dall’uomo contemporaneo.
Questo testo, ricco di illuminanti spunti filosofici, è un vero e proprio inno alla passeggiata, intesa sia come attività fisica che come attività mentale (che cos’è infatti il pensare se non un continuo vagabondare od una sublime forma di smarrimento?). Il cammino di superficie, quello visibile, cioè quello che ci dà la possibilità di spostarci, infatti, per Thoreau, è strettamente interconnesso a quello del pensiero, che è il più importante per la vita dell’uomo ma che è anche quello meno visibile, così come la distanza che esso attraversa.

Walking” è un inno alla Natura ed a tutto ciò che è selvaggio e non ancora addomesticato dall’essere umano. Thoreau, critico della modernità ed al tempo stesso consapevole dell’alienazione in cui è caduto l’uomo in seguito all’avvento della civiltà delle macchine, propone il camminare come un’ottima forma di attività terapeutica. Una cura della malinconia e di tutte quelle malattie della psiche che affliggono l’uomo oramai immerso in questa sedentaria utopia chiamata società del benessere. Un libricino da assaporare con lentezza, magari immersi nella natura selvaggia, dopo una breve camminata, per poter così cogliere in pieno il profondo messaggio che Thoreau ci vuole consegnare. Un libro che ad ogni pagina, così come il camminare, è continua scoperta.
IL GAMBERO DELLA PESCIA.

sabato 23 febbraio 2008

InfoColle_ Ennesimo Episodio di Violenza a San Salvatore

(Uno scorcio del Bar Rosellini a San Salvatore)


Venerdì 22 febbraio nella frazione di San Salvatore si è consumato un nuovo grave atto di violenza che ha sconvolto l'opinione pubblica paesana. Alle ore dieci del mattino infatti un gruppo formato da sette giovani di nazionalità albanese (non residenti però nel comune di Montecarlo) ha pestato un proprio connazionale proprio di fonte al centrale Bar Rosellini. Quello che sembrava un normalissimo alterco, iniziato nel piazzale dinnanzi alla chiesa, è purtroppo degenerato in una vera e propria rissa che ha portato al ferimento del giovane malcapitato. Questi, nonostante abbia rimediato molte contusioni, fortunatamente se n'è potuto ritornare a casa con le proprie gambe anche se in evidente stato di shock. E, se ancora oggi non sappiamo le vere motivazioni che hanno portato a questo gratutito atto di violenza, è certo che le autorità stanno intensificando la loro attività sul territorio per porre rimedio alla micro-criminalità che ormai sta dilagando nel paese.


Il fagiano del Botronzo.

InfoColle_ Ritorno da Tougouri

(Il geometra Paolo Miniati con il Parroco di Tougouri)


Datemi ancora un pò di tempo per smaltire le emozioni e poi vi prometto un resoconto, magari a puntate, del mio viaggio in Burkina Faso. Se sarà facile rendere conto dei fatti, molto più difficile sarà esprimere le sensazioni, le emozioni, gli incontri, ecc.
A presto, Nasara (è il termine che in lingua morè sta ad indicare l'uomo bianco. E' molto usato soprattutto dai bambini .... che in alcuni casi piangono quando ti vedono)

giovedì 21 febbraio 2008

InfoColle_ Anniversario Speciale a Montecarlo...



Anniversario di matrimonio a Montecarlo per Urbano e Carolina.50 anni sono passati da quel lontano 16 febbraio 1958.Felicitazioni vivissime.

InfoColle_ Verso il Comitato Commercianti del Centro Storico

Sta nascendo a Montecarlo il primo Comitato dei commercianti del centro storico.Traguardo importantissimo per la tutela del nostro lavoro.E' prevista infatti tra poco la firma. Vi terremo informati su modi e contenuti di questo passi avanti nella valorizzazione del nostro amato borgo.
Il Barsi.

mercoledì 20 febbraio 2008

Al Cine_ Venerdì 22 febbraio torna John Rambo! No, dorme.

Chissà se il primo Rambo del 1982 ha fatto a tempo a passare per il cinema di Montecarlo o se la sala cinematografica Petroni aveva già chiuso i battenti. Sta di fatto che John è tornato come è tornato lo scorso anno Rocky Balboa tra l'entusiasmo, per chi al cinema non se lo è voluto perdere, dei presenti in sala tra urla e battiti di mano al momento del suo ultimo allenamento ed incontro. Così come per il pugile anche per il reduce del Vietnam Sylvester Stallone ha voluto chiudere i conti con il mito vivente di queste due saghe attribuendo ai suoi eroi l'onore del loro nome, evitando ridicoli Rocky 6 o Rambo 4. Da chi, come chi scrive ha amato ed è cresciuto con questi personaggi, l'invito a salutare nei cinema locali il ritorno e l'addio di questo inquito personaggio, figlio derelitto di una Società che prima lo ha inviato a combattere l'ennesima guerra sbagliata e poi lo ha rinnegato dinnanzi al disastro ed alle conseguenze insanguinate di quella stessa guerra. Un inno alla ribellione degli ultimi che non mancò di far riflettere dopo l'uscita del primo film e che oggi ci porta, invece, sui campi di battaglia di guerre perdute e morti inascoltate dal mondo come quella della Birmania.

John Rambo non è più tornato a casa. L'ex reduce del Vietnam vive al confine tra la Tailandia e la Birmania e risale il fiume Salween per cacciare serpenti velenosi. L'ozio catartico del guerriero è turbato da un gruppo di missionari laici, guidati dalla bionda e idealista Sarah Miller, che vorrebbe raggiungere e soccorrere alcuni villaggi birmani vessati da un sadico regime militare. La missione di pace verrà duramente interrotta dai soldati di Burma. Messo insieme un esercito di mercenari, Rambo e compagni si imbarcheranno in un'impresa (apparentemente) suicida. "Non si può vivere tutta la vita sopra una sella, bisogna fermarsi da qualche parte…" e così anche John Rambo ha trovato un luogo fisico e una condizione dell'anima dove cominciare progressivamente a invecchiare. Ma poi Stallone lo ha stanato e lo ha motivato con nuovi sviluppi narrativi. Così Rambo è tornato, sempre più stanco, sempre più in crisi, sempre più incazzato. Con la chiamata alle armi ritorna pure l'incubo della rimozione esplicitata dall'attore-regista attraverso l'evidenza del flashback, che rinnova al giovane spettatore come al vecchio e nostalgico, le vite precedenti del reduce belligerante del cinema americano anni Ottanta. Ri-vediamo il Rambo di Ted Kotcheff, veterano in cerca di un pacifico reinserimento, avversato ed emarginato dalla società, il reduce John del secondo episodio, disadattata macchina bellica che torna nuovamente utile al governo e all'esercito, e l'implacabile Rambo III di Peter MacDonald, in ritardo ideologico sugli avvenimenti della politica internazionale (la Perestojka), che convertiva in "amico" il nemico russo. Il John Rambo ritrovato del titolo è una maschera (di dolorose metamorfosi) la cui referenza deve essere cercata all'interno del genere (quello dei "soldati in azione" dell'action movie degli anni Ottanta) e non rispetto alla società che la produce. L'eroe in action di Stallone, lanciato contro l'esercito militare birmano che da sessant'anni uccide, tortura, stupra, umilia e mutila la popolazione Karen, è fuori tempo massimo ma proprio per questo commovente, patetico e patibile: un corpo votato a tutte le esperienze del dolore e a ragione di questo capace di suscitare un sentimento di malinconica compassione. John Rambo è "il nostro che arriva" da un passato leggendario in un presente ordinario che non prevede la possibilità di esistenza dell'eroe. Soddisfatto il desiderio di catarsi dello spettatore con l'orribile punizione che occorrerà al perfido antagonista, Rambo lascia il passo alla modernizzazione incipiente, imboccando solitario la strada di casa, meta e figura fondamentale del cinema americano. Come Rocky, anche Rambo esce di scena recuperando (nel titolo) nome e identità.

Berretto Verde della Sila

Guarda tra i link del Tordo in quale cinema è in cartellone questo film!

martedì 19 febbraio 2008

Storia e Tradizioni_ Circa La Madonna del Soccorso


Nell’ insigne Collegiata di Montecarlo è venerata la Madonna del Soccorso, elevata alla dignità di santuario dal Vescovo di Pescia nel 1961. L’affresco, di scuola fiorentina, risale alla seconda metà del cinquecento ed è stato trasportato nella posizione attuale nel ‘700. L’immagine rappresenta la Madonna nell’atto di proteggere il bambino dalle grinfie del diavolo. La Madonna sta in piedi, avvolta in un ampio manto azzurro e veste rossa; tiene nella mano destra alzata un bastone col quale minaccia un demonio che Le si avvicina dal lato sinistro, sbuffando fuoco dalla bocca, mentre con le mani adunche tenta di assalire un grazioso fanciullo (forse raffigurante l’umanità). Il piccolo, spaventato si rifugia sotto la protezione del manto materno mentre la Vergine pietosamente gli pone la mano sinistra sul capo in segno di amore. Del fanciullo, che veste un pittoresco costume del secolo XIV, vedonsi due terzi della figura. Quest’opera, da secoli oggetto di devozione da parte delle popolazioni locali venne eseguita nel clima di rinnovata fede mariana che si creò in Italia dopo lo sbarco dei turchi ad Otranto, nel 1480. La pittura si è comunque fatta continuatrice di un più antico culto mariano risalente alla fine del 1300. Un’immagine della Vergine si trovava, infatti, almeno fino ai primi del ‘700 nella lunetta esterna del portale della chiesa, fatta dipingere da Giovanni Mingogi, vicario lucchese di Montecarlo nel 1387. Alla Madonna del Soccorso vennero attribuiti numerosi miracoli, quali l’apparizione per cacciare i Pisani alla fine del 14001 e la salvezza del paese dall’epidemia della peste del 16312 (infatti nella grandissima moria di quell’anno non ci furono vittime tra gli abitanti del paese). A dimostrazione della notorietà che ebbe sin dai tempi antichi la Madonna del Soccorso il fatto che il giorno 8 settembre 1631, in occasione della festa della medesima Vergine, pervennero a Montecarlo più di diecimila pellegrini. L’affetto e la devozione verso l’immagine sacra portarono il popolo montecarlese ad avanzare la domanda per l’incoronazione nel 1885. Fu così che l’8 Settembre di quell’anno Mons. Giovanni Benini compiva con solennità la cerimonia, ponendo sul capo della Madonna del Soccorso un prezioso diadema benedetto dal Pontefice Leone XIII.

1La leggenda narra che: “mentre nella notte della vigilia di S. Paolo Converso i Pisani tentavano di scalare le mura della fortezza, fu veduta apparire su questa la Santa Vergine, brandendo in atto minaccioso la spada. Ad un tratto le notturne tenebre rese più cupe da densissima nebbia furono squarciate e vividi raggi di sole brillarono sul protetto castello; mentre più al basso i Pisani atterriti dalla celeste apparizione della Madonna dandosi a fuga precipitosa ed ignari per la densità della nebbia del dove volgessero, perirono tutti nelle acque improvvise del Leccio.”

2Il Pievano di Montecarlo Girolamo Pellegrini racconta che: “Più d’ogni altro luogo la peste maltrattava l’insigne terra di Pescia, che per nobiltà e valore de’ suoi abitanti, non ha mai ceduto a qualunque città, e dove novanta persone cento il giorno cedevano sotto la falce di morte. I Montecarlesi restarono esenti da tal flagello, e ciò attribuirono all’intercessione della Madonna del Soccorso, alla quale in quella funesta circostanza ricorsero pregando anche per l’afflitta città di Pescia

Storia e Tradizioni_ Un babbo per tutti di nome Giuseppe...



Si è materializzata tra le foto di scorrimento il volto di uomo che subito mi è perso conoscere e poi riconoscere e poi ritrovare in ricordi sbiaditi di una gioventù lontana... non penso nemmeno che a Montecarlo via un via, corte o anfrione che ne porti il nome, ma va là... a rinfrenscare la memoria e dare un pò di polpa a questo bel Tordo ci penserò anch'io parlandovi di lui. Righe perse nel web che magari un giorno un giovine agli studi potrà recupare dai fondali del web per trarne qualche cosa di buono e di utile...


Giuseppe Mazzini è stato uno dei più grandi pensatori italiani nonché l’apostolo dell’unità Italiana. Nato a Genova nel 1805, borghese, di idee democratiche, esiliato a Marsiglia entrò presto in contatto con i maggiori esponenti dell’emigrazione democratica (Buonarroti, Sismondi, Lammenais). In lui le ispirazioni democratiche erano inserite in una concezione caratterizzata da aspetti mistico-religiosi e dominata dall’idea di una missione spettante all’Italia. Critico severo dell’individualismo settecentesco, credeva fortemente nel principio di associazione e la sua fede nella libertà e nel progresso era vista come una fede religiosa. L’idea della nazione aveva nel pensiero mazziniano un posto fondamentale, essa era un’entità culturale e spirituale attraverso la quale si sarebbe realizzato il sogno di un’umanità libera ed affratellata. All’Italia spettava quindi il compito di spezzare le catene imposte dal vecchio ordine e di farsi iniziatrice di un generale moto di emancipazione.

Nel pensiero mazziniano, tutto impostato su valori ideali, non c’era spazio per le teorie materialistiche, economicistiche e per la lotta di classe, anche se non ignorava i problemi sociali, che dovevano essere risolti attraverso l’associazionismo. Inoltre, Mazzini riteneva il diritto di proprietà come base dell’ordine sociale e considerava pericolosa qualsiasi teoria che tendesse a dividere la collettività nazionale. Il suo programma politico risultò estremamente chiaro: l’Italia doveva rendersi indipendente e darsi una forma di governo unitaria e repubblicana. E la via per raggiungere l’indipendenza poteva essere solo quella di un’insurrezione popolare, portata avanti da tutte le classi sociali. Lo strumento per realizzare l’insurrezione doveva essere un’organizzazione di tipo nuovo, che rendesse palesi i suoi principi fondamentali e che accanto all’azione cospirativa svolgesse un’opera continua di educazione politica. La nuova organizzazione nacque nel 1831 in Francia e prese nome di “Giovine Italia”, adottò come simbolo il tricolore e riunì attorno a se numerosi emigrati. Nell’ “istruzione generale per gli affratellati della Giovine Italia” redatta dallo stesso Mazzini nel 1831 vennero esposti i principi fondamentali (libertà, uguaglianza, umanità) e gli obiettivi politici dell’associazione (unità nazionale, indipendenza, repubblica). Caratteristico dell’apostolato di Mazzini era il legame inscindibile tra teoria e prassi (tra pensiero ed azione), poiché nessuna insurrezione poteva avere senso senza una fede che la ispirasse e nessuna rivoluzione poteva sostenersi senza un’azione concreta e costante.

L’obiettivo principale dell’azione mazziniana fu il Regno di Sardegna, dove operava un nucleo importante dell’organizzazione; ma la spedizione in Savoia del 1833 si risolse in un fallimento. Così Mazzini, duramente criticato si trasferì in Gran Bretagna mentre Garibaldi, che prese parte al tentativo di insurrezione, riparò in Sud America. Mazzini si concesse quindi un periodo di riflessione (“la tempesta del dubbio”. come egli stesso la definì), che alla fine non provocò però radicali cambiamenti nei suoi ideali; concepì infatti che la santità della causa per cui lottava giustificava anche i più dolorosi sacrifici. Così nel 1834 fondò la Giovine Europa e nel 1840 rifondò la Giovine Italia. Nel 1845 in seguito al fallito tentativo rivoluzionario dei fratelli Bandiera (appartenenti alla Giovine Italia) pubblicò a celebrazione della loro impresa ed a giustificazione del suo operato, i “ricordi dei fratelli Bandiera”. Nel 1847 scrisse a Pio IX per indicargli la via da seguire nel campo delle riforme ma lo scoppio dei moti del 1848 lo videro ritornare in Italia. Partecipò all’esperienza della Repubblica Romana e difese la città di Roma dall’assedio delle truppe francese chiamate da Pio IX per liberare la città dagli insorti. Caduta Roma ricominciò per lui l’esilio. A Londra dette vita al Comitato Nazionale Italiano e lanciò il prestito nazionale per la causa italiana, per finanziare le nuove insurrezioni armate come quella di Pier Fortunato Calvi in Cadore (1853) e di Carlo Pisacane a Sapri (1857), entrambe conclusesi tragicamente. Isolato ed in piena crisi sulle colonne di “Pensiero ed Azione” Mazzini condannò l’accordo franco-piemontese che precedette la seconda guerra d’indipendenza, pur incitando i suoi fedeli a combattere sotto la bandiera dei Savoia. Anche se in contrasto con Garibaldi appoggiò comunque l’impresa dei mille che portò al massimo successo del suo Partito d’Azione (creato nel 1953 dopo lo scioglimento dell’Associazione Nazionale Italiana) prima del definitivo affermarsi del moderatismo su tutto il territorio nazionale. Nuovamente esule a Lugano ed a Londra fu contrario alla soluzione sabauda della lotta per l’Unità Nazionale e cercò più volte di sollevare le plebi i nome dell’ideale repubblicano. Per questo nel 1870 cercò di organizzare un tentativo insurrezionale che, partendo dalla Sicilia, avrebbe raggiunto Roma e cacciato il Papa dalla capitale così restituita agli italiani. Ma il moto fu scoperto ancor prima che avesse inizio ed il patriota fu incarcerato a Gaeta. Favorito da un’amnistia riprese la via dell’esilio. La sua condanna alla Comune di Parigi del 1871 gli alienò definitivamente le simpatie della maggioranza del movimento democratico italiano e del movimento operaio nazionale. Rientrato clandestinamente in Italia, visse gli ultimi mesi di vita a Pisa, sotto il nome di dr. Brown. E’ sepolto nel cimitero monumentale di Staglieno (Genova).


Beppino Donatini

Info Colle_ Micro e Macrocriminalità a Montecarlo...


Negli ultimi tempi il territorio di Montecarlo è stato interessato da numerosi furti, di cui il più eclatante è quello messo a segno all’Azienda Agricola G. Fuso (meglio conosciuto come Baffo). Molti di voi saranno già a venuti a conoscenza del fatto visto che ne hanno parlato a lungo anche i giornali locali. Un altro piccolo furto è stato commesso al Bar Rosellini Fabio di San Salvatore, dove (proprio di fronte alla stanza da letto del buon Don Ildo) è stato rubato un calcio-balilla del 1986 con valore di circa 300 euro. Inoltre, nella piazza Bertini, al sottoscritto hanno tentato di portare via l’autoradio forzando la serratura dell’auto (che non è una ferrari). Fortunatamente però non sono riusciti a mettere a segno il colpo, forse anche a causa dell’inesperienza degli improvvisati ladruncoli. Proprio questi fatti hanno indotto le autorità ad intensificare i controlli nella zona, nella speranza di placare la micro-criminalità che, purtroppo, sempre più sta imperversando nel nostro amato territorio...


Lo sceriffo della Cercatoia indentro

Mangiar bene_ Le ricette della mi'nonna di Carrali _ Parte I



Ai lettori di questo blog dedico delle ricettine ottime per ogni sorta di buongustaio, le quali tutto "conoscano" perchè sono di molto buone e soprattutto perchè sono la più gustosaradice della nostra identità toscana ed anco montecarlese... tutti ai fornelli (e poi anche al bagno, ma che volete...)


PANZANELLA
Prendere del pane secco, mettere ad ammorbidire per una decina di minuti, strizzarlo e porre il tutto in un’insalatiera. Unire pomodori non troppo maturi affettati, cetriolo, cipolla e basilico (per chi piace). Condire con olio di oliva, pepe e sale. Mescolare accuratamente e servire ben fredda.

PAPPA AL POMODORO
Prendere del pane secco, tagliarlo a fettine e disporlo in una pentola. Aggiungere aglio, pomodoro, pepe e sale. Cuocere il tutto per dieci minuti e servire calda.



MINESTRONE DI VERDURA
X 3 persone
2 patate
1 ramaiolo (detto “rumaiolo”) di fagioli
5 coste di sedano
1 cipolla
2 spicchi d’aglio
3 zucchine
5 foglie di basilico (se ne disponiamo)
1 porro
1 cipolla
1 ciuffo di prezzemolo
1 pomodoro
Metà cavolo
5 foglie di bietola
olio, pepe e sale
1 dado

Mettere a bollire dell’acqua in una pentola di medie dimensioni (3 l d’acqua circa). Lavare e tritare tutte le verdure che si hanno a disposizione e immetterle nell’acqua della pentola. Aggiungere un dado al momento che l’acqua inizia a bollire e lasciare cuocere per circa un’ora. Servire caldo.
N.B. Dal momento che la verdura appare ben cotta si può aggiungere al tutto anche riso o pasta di piccole dimensioni.

FARRO
Mettere in una pentola, possibilmente di coccio, tutti insieme i seguenti ingredienti: 3 etti di fagioli scritti (ammollati nell’acqua la nottata precedente), due etti e mezzo di farro, una costola di sedano, una cipolla, una carota tritati, uno zampuccio di maiale ben lavato, raschiato e tagliato in due per il lungo, 50 grammi di mezzina o lardo tritato, mezzo bicchiere d’olio, un dado. Cuocere a fuoco lento, in pentola incoperchiata, per almeno due ore.

FARINATA
Ingredienti:
Per 4 persone
400 grammi di fagioli scritti messi ad ammorbidire dalla sera precedente in acqua fredda.
La mattina seguente sciacquare i fagioli in acqua corrente e metterli in una pentola di medie dimensioni quasi piena d’acqua fredda. Mettere a cuocere assieme a due spicchi d’aglio e cinque foglie di salvia e dopo una ventina di minuti aggiungere del sale. Dopo 2-3 ore togliere i fagioli dalla pentola con un colapasta e disporli in un’insalatiera. Passare i fagioli e metterli nuovamente nella pentola (se l’acqua nella pentola si è nel frattempo ritirata aggiungerne altra).
Nel frattempo soffriggere in un'altra pentola dell’olio di oliva con una cipolla, 2 spicchi d’aglio, 3-4 coste di sedano, 1 carota, mezzo cavolo e 5 foglie di bietola. Dopo una decina di minuti, quando la verdura risulta abbastanza sfritta, aggiungere un bicchiere di pomodoro. Lasciare a cuocere il tutto per altri cinque minuti ed unire il brodo di fagioli alla verdura sfritta. Dopodiché aggiungere due dadi, pepe, olio ed un pizzico di spezie e rimettere a cuocere. Dopo una mezz’oretta prendere 3 etti di farina e gradualmente immetterla nel brodo che bolle mentre lo si gira con un mestolo di legno. Mescolare per un’altra mezz’ora. Quindi spegnere i fornelli e servire calda.

Da Silvio con furore

FONTI:
LA MI’ NONNA NADIA
CONSANI UMBERTO, Cucinare col vino, Lucca, M. P. Fazzi, 1988
AA. VV., Mangiari Lucchesi, Lucca, M. P. Fazzi, 2006

Sport_ Il Canyoning sul Colle (o Torrentismo)


Da alcuni mesi un gruppo di intrepidi sansalvatorini, imbevuti di dottrina nicciana e deviati sin dalla tenera età da film come Rambo, sta seriamente prendendo in considerazione la possibilità di praticare il torrentismo a partire da questa primavera. Questo sport consiste nella discesa di corsi d'acqua che scorrono all'interno di strette gole profondamente scavate nella roccia, e caratterizzati da portata ridotta e forte pendenza. Gli ostacoli all'interno di questa “forra” sono rappresentati principalmente dalle cascate, che vengono superate con l'ausilio di corde o, dove possibile, effettuando tuffi, scivolate o passaggi di arrampicata in discesa. Il torrentismo si pratica in Toscana esclusivamente all’Orrido di Botri, che potrebbe essere una buona base di partenza per cimentarsi in questa nuova avventura. Le discese durano dalle due alle tre ore ed ovviamente si percorrono con l’ausilio di una guida (che dovrebbe costare sui 15 euro a testa). Agli interessati consiglio di informarsi su internet e poi di contattarmi su questo blog.
Figlio di Avellino nacqui a Montecarlo

Storia e Tradizioni_ Per una storia di San Salvatore



Breve premessa.
Il testo di seguito riportato, che non presenta (né intende averlo) alcun carattere scientifico, è frutto di una mia riflessione fatta durante intensi studi sulla storia della viabilità Valdinievolina. Ho deciso di postare questo articolo, che presenta spunti molto fantasiosi, al fine di scaturire un dibattito tra i cultori di storia locale che visiteranno questo blog.


San Salvatore è una borgata che conta poco più di 900 abitanti posta alle pendici meridionali delle colline montecarlesi. Il paese deve il nome all’omonima chiesa intitolata a Cristo Salvatore (Sancti Salvactori), menzionata a partire dal XII secolo. L’attuale edificio, conosciuto popolarmente come Chiesa Vecchia, si trova in fase di restauro e sarà presto destinato a Centro Civico Sociale. Poco distante dal nucleo abitato, nei pressi dell’attuale confine con la provincia di Pistoia, sorge invece la Pieve di San Piero in Campo, le cui origini si fanno risalire al IV-V secolo d.C. L’esistenza di questa importante istituzione sta a dimostrare la vivacità che ebbe questo territorio sin dagli inizi dell’epoca cristiana. Le pievi, infatti, venivano edificate non al centro di nuclei abitati ma in punti strategici nei quali dovevano confluire il maggior numero di battezzati. La struttura venne così posta al crocevia di aree molto abitate, viste le proporzioni avute dall’edificio originario e dall’attuale chiesa romanica. La Pieve infatti avrebbe attirato a sé i credenti di Vivinaia, di Pescia e dei tutta la zona pedecollinare posta ai margini del Padule di Fucecchio. Proprio a ridosso di quest’area sorge oggi il piccolo nucleo abitato di San Salvatore, attraversato dal torrente Pescia Minor (o Pescia di Collodi), che nasce sui monti del Battifolle e si immette nel Padule nei pressi di Ponte Buggianese.

Dalla geomorfologia del territorio della Valdinievole (anticamente chiamata Vallis Nebulae, cioè valle della Nievole) possiamo senza dubbio affermare che scarsamente abitata sino all’epoca delle bonifiche lorenesi in quanto insalubre e soggetta a continui allagamenti. Da questo se ne deduce che sino al XIX secolo, per forza di cose, le popolazioni valdinievoline si poterono stanziare primariamente nella zona montana o pedemontana della valle, ai margini dell’insalubre tavolato. Tali considerazioni potrebbero donare valore all’ipotesi che la zona del sansalvatorino fosse abitata sin dall’epoca medievale. E la presenza di un edificio sacro, ricordato in documenti risalenti al 1155, non farebbe che confermare queste supposizioni.

A mio avviso, però, non è lecito parlare della presenza di un vero e proprio borgo medievale erede dell’attuale nucleo abitato, ma bensì dell’esistenza di una rete di case coloniche o di piccole fattorie che poterono, questo sì, formare agglomerati di modestissime dimensioni. Infatti, le frequenti guerre ivi combattute durante tutto il Medioevo e la presenza di un vicino castello ben munito di mura, impedì la nascita di un nucleo accentrato nella zona sino alla fine del feudalesimo.
Il centro abitato si consolidò, a mio avviso, solamente nella prima metà del XIX secolo. Il borgo si sviluppò infatti lungo la via Mammianese, infrastruttura costruita dai granduchi lorenesi attorno al 1840. Questa importante via di comunicazione servì a collegare il porto di Altopascio a Mammiano e quindi queste località alla via Regia Modenese ed a Bologna. Il primo tratto di questa strada, quello che collegava Pescia ad Altopascio, fu sin da subito molto trafficato per i commerci tra le due città e ben presto diede vita a nuovi insediamenti abitativi. Proprio lungo questo asse stradale (che in seguito prenderà il nome di Via Traversa Pesciatina), sorse il piccolo nucleo urbano erede di quello attuale. Ed è precisamente all’altezza di un attraversamento sul torrente Pescia Minor che presumibilmente si formò il nerbo dell’attuale San Salvatore. Tale borgo, doveva essere divenuto già discretamente esteso se, nel 1848, i costruttori della linea ferroviaria Maria Antonia decisero di collocarvi una stazione. La fermata ferroviaria, che a dire il vero più che per i sansalvatorini fu costruita per la popolazione Montecarlese, non poteva essere certamente costruita in un luogo privo di abitazioni o di infrastrutture stradali degne di riguardo. L’avvento del sibilar del treno, così, favorì la crescita numerica della popolazione sansalvatorina, la mise in contatto con i principali centri economici della lucchesia e della valdinievole ed apportò un sicuro beneficio economico a tutto il territorio montecarlese. Nella seconda metà del XX secolo, dopo aver subito considerevoli danneggiamenti durante la seconda guerra mondiale, il borgo si dotò di un apparato industriale degno di rilievo che si affiancò alle tradizionali attività agricole ed alla floricoltura. Ebbe così inizio il decollo economico per il paese. La popolazione locale si accrebbe numericamente ed il centro ospitò una vera e propria maglia di attività commerciali. Il processo di sviluppo economico è ancora in atto, come attestano la continua espansione edilizia dell’abitato e l’incessante evoluzione della rete distributiva paesana.
Lo Storico di Mammianese Sud




L'uomo del Forrone

lunedì 18 febbraio 2008

In visione per voi "Happy Bocco 2006" by YouTube

Sul Web_ Montecarlo è anche su YouTube, lo sapevi?
Quello sopra è certamente il più rappresentativo tra i sette filmati presenti ad oggi sul portale youtube.com per chi imposta "montecarlo lucca" come criterio per la ricerca. Youtube è una delle più rivoluzionarie novità della rete che permette la visione e la condivisione mondiale di filmati girati anche con il cellulare (ovviamente è molto di più ma è meglio tradurre così per tutti...). Il filmato sopra è prodotto, come si nota in apertura, da un nostro concittadino purosangue ed artista della pellicola e presenta scene di vita quotidiana in uno dei locali più trendy del colle. Mentre vi lasciamo alla visione con il sorriso, noi del Tordo scaviamo in Youtube perchè sappiamo che nella matassa di filmati ve ne siano molti altri che interessano la nostra gente e la nostra terra, ma che si nascondono sotto termini fuorvianti. Si annunciano sorprese...

sabato 16 febbraio 2008

Info Colle_ Montecarlo verso indigenza e subsidenza? Il progetto per (altri) due nuovi pozzi voluti dall'Ato 2. Premesse e conseguenze da evitare...


(La malconcia centrale di Luciani)

La costruzione di due nuovi pozzi nella frazione di Luciani, dove già ne esistono altri due di cui solo uno in funzione, è all’ordine del giorno della Comunità e dell’Amministrazione montecarlese per le ripercussioni che il territorio pagherebbe non solo in termini di futura “subsidenza”, dovuta all’accresciuto emungimento previsto dalle falde acquifere, quanto per le ripercussioni di carattere sociale ed economico per quelle aziende e famiglie attraversate dalla zona prevista dall’intervento. Quale intervento? Ecco i fatti.
L’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) numero 2 del Basso Valdarno – uno dei 6 in cui è divisa la Toscana e dii cui Montecarlo è parte integrante con altri comuni – ha in progetto la ristrutturazione della centrale di Luciani – oggi in stato pressoché fatiscente – e la realizzazione di due nuovi pozzi, denominati “paduletta” 3 e 4, con profondità pari a 180-200 metri (rispetto a quella di 120 metri del pozzo tuttora in funzione) e capaci di un prelievo di circa 100 litri al secondo rispetto agli attuali 30 l/s. Un salto di “qualità” sulle cui conseguenze a medio o lungo termine è facile fare previsioni, specie se richiamiamo alle nostre memorie sempre occupate, ed un poco distratte, le tristi cronache sulla subsidenza di Paganico, nel comune di Capannori. Ma altre conseguenze, altrettanto gravi ed a breve termine, non mancano certo.
L’intera zona oggetto dell’intervento previsto dall’Ato 2 a Luciani tocca direttamente 18 aziende del mondo agricolo – vitivinicolo e florovivaistico – montecarlese, il che significa un numero di nuclei familiari ancora superiore, per i quali la vita quotidiana cambierà radicalmente. La realizzazione di questi due nuovi pozzi, infatti, porterà con se l’istituzione di una fascia di rispetto, ampia fino a 200 metri attorno alla zona degli stessi pozzi, che nel complesso dell’intervento interesserà un’area pari a 70 ettari, dove sarà preclusa qualsiasi tipo di coltivazione nonché l’impiego di concimi e diserbanti. Le ricadute economiche sono facilmente comprensibili al lettore come lo sono per coloro che su quelle terrene basano parte, gran parte o la totalità del loro reddito. Le stesse organizzazioni sindacali di categoria (Unione agricoltori, Cia e Coldiretti), unitesi in coro per scongiurare l’intervento, stimano il danno economico nel breve periodo a più di 400 mila euro con molte aziende a rischio di sopravvivenza ed altre avviate alla chiusura definitiva. Tutto ciò quando sull’area di Luciani, lo dobbiamo ricordare, vige già un vincolo di rispetto idrogeologico in riferimento ai pozzi già esistenti, che sottrae alla produzione agricola circa 40 ettari di terreno. Area destinata nel suo complesso, dal vigente regolamento urbanistico, ad uso agricolo e parte integrante con il resto del territorio comunale del sistema produttivo di Montecarlo, che all’Ato forse sfugge essere di “eccellenza” nei campi della produzione vitivinicola, dell’olio, dei fiori.
Il lettore si chiederà da un pezzo il perché l’Ato voglia procedere a questo intervento su Montecarlo, che cosa lo renda necessario. Bene, l’Ato lo motiva con la necessità di integrare il sistema idrico di sua competenza, in specie sulla Piana di Lucca, che ha il proprio asse portante nella centrale del Pollino (nel comune di Porcari), così da garantire una maggiore autonomia a tutto il territorio. Parlando della “necessità di integrare il sistema idrico” si rimanda agli appelli ed alle premesse sempre presenti in riferimento a questa tipologia di interventi, tesi a sottolineare l’universalità di accesso e di consumo della risorsa idrica e che sono alla radice delle normative che concedono ad enti come l’Ato poteri quasi assoluti.
Non fa eccezione il progetto previsto per Luciani, avviato formalmente con le procedure previste dalle normative vigenti in materia, non ispirate alla concertazione con gli enti istituzionali e le comunità, con le loro peculiarità ambientali e produttive, coinvolte dagli stessi progetti. I proprietari dei terreni su cui è previsto l’intervento, ad esempio, si sono visti recapitare semplicemente l’avviso di esproprio tramite raccomandata, espropri per i quali non è previsto alcun tipo di indennizzo specifico. Nessun interessamento, chiaramente, da parte di Ato al valore “intrinseco” dei terreni non essendo una sua prerogativa e facendosi scudo di una sensibilità ben superiore, quella appunto di dover portare l’acqua a chi non ce l’ha. Ed il Comune, l’ente chiave suffragato democraticamente dal popolo? Il Comune è stato invitato a partecipare, per mezzo dei suoi funzionari tecnici e non politici, alla “conferenza dei servizi” (strumento madre per la presentazione ed approvazione dei progetti) di Ato 2 del 14 dicembre 2007, assieme ad altri variegati enti ed istituzioni. In questa formidabile assise, dove regolamento vuole che gli assenti si traducano direttamente in consenzienti ai deliberati proposti, il nostro Comune si è trovato a valere “uno” come tutti gli altri convenuti, parificando il proprio voto a quello, preparatevi, delle Ferrovie dello Stato e della Telecom. Allora il progetto è stato presentato, mentre per il 20 febbraio prossimo è fissata una ulteriore conferenza dei servizi per procedere innanzi.
Come intervenire, dato il fosco quadro tracciato?
All’indomani della conferenza dei servizi del dicembre scorso l’Amministrazione Comunale, i proprietari dei fondi e delle aziende interessate e tutte le sigle sindacali di categoria del mondo agricolo si sono riuniti più volte per studiare il da farsi. Mercoledì 13 febbraio in convocazione straordinaria il Consiglio Comunale ha approvato all’unanimità un ordine del giorno – frutto delle sinergie dei protagonisti sopra richiamati - che sarà inviato a tutti gli enti interessati, dove si chiede all’Ato 2 di rinunciare al progetto presentato, fatto salvo il ripristino della centrale di Luciani in stato di decadimento. L’ordine del giorno, inoltre, precisa come l’opera idraulica presente nella piana lucchese, nota come “tubone”, con il prelievo superficiale delle acque dal fiume Serchio sarà in grado di coprire le necessità degli acquedotti presenti, rendendo quindi inutile un intervento come quello previsto a Luciani, di cui tra l’altro si lamenta l’inadeguatezza delle stime e dei dati tecnici prodotti a supporto.
Che cosa fare in attesa?
Fare quadrato tutti insieme, destandoci nella nostra qualità di cittadini attivi e non passivi, la stessa che ci porta a fare la fila agli uffici postali per pagare le bollette di Acque (si, la società di gestione cui dal 2001 l’Ato 2 ha affidato la gestione della risorsa idrica), per rivendicare un diritto inalienabile in una democrazia come la nostra, quello di poter contare, di poter dire la nostra, a qualunque prezzo e costo. Non fare un passo indietro innanzi al blando calare di questo caso di “mala democrazia” che, pur colpendo la piccola Luciani con molti nostri concittadini, colpisce invece tutti noi montecarlesi. Una cronaca questa, cari lettori de Il Tordo, che fino a ieri conoscevate per i tristi servizi televisivi sulle discariche in Campania o sulla Tav in Piemonte e che oggi rischia di farci incontrare Cucuzza.
Informatevi con i link più sotto sul mondo complicato e dorato dell’acqua, riflettiamo, poi chiediamoci:
cara Ato 2 ma nell’ambito del grande bacino di tua competenza l’acqua c’è solo a Montecarlo, oppure la nostra acqua ha per voi un qualche vantaggio speciale? Dopotutto l’acqua non la date gratis e, per di più siete una Spa con tanto di soci privati. Mica vorrete che il cittadino abbia a pensar male proprio quando di mezzo c’è un bene essenziale e primario come la risorsa idrica, per la quale ogni anno ci raccomandate di non fare la doccia o annaffiare il giardino?

Taccone

Per un Tuo maggiore appronfondimento:

- il sito della nostra Ato2: http://www.ato2acqua.toscana.it/
- il fenomeno subsidenza: it.wikipedia.org/wiki/Subsidenza

Attualità_ Onore al maresciallo d'Italia Giovanni Pezzullo






È atterrato, in silenzio nel pieno della notte, all’aeroporto romano di Ciampino l’aereo militare che ha riportato in Italia, tra tutti noi, la sua salma. Il corpo del maresciallo Giovanni Pezzulo, assassinato mercoledì in un agguato in Afghanistan, a 60 km di chilometri da Kabul, nella zona di responsabilità italiana mentre distribuiva viveri e generi di prima necessità alla popolazione piegata da un inverno più freddo del previsto. A ricevere il feretro tutta la cittadinanza di Oderzo in provincia Treviso con il Tricolore al vento da ogni balcone e finestra. un gesto simbolico di rispetto e dolore invocato anche dalla figlia diciottenne della vittima. Presenti alle esequie il ministro della Difesa Arturo Parisi, il presidente della Camera Fausto Bertinotti, il nuovo capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini ed unn picchetto interforze ha reso gli onori militari alla salma. Nelle stesse ore è arrivato sempre a Ciampino il C-130 dell’Aeronautica militare con a bordo il maresciallo Enrico Mercuri, rimasto ferito nello stesso agguato contro il contingente italiano, rivendicato dai talebani. Come italiani ci uniamo al cordoglio della famiglia e della comnità di Oderzo per questa ulteriore vita sacrificata sull'altare della pace e della democrazia, caduta impugnando quelle armi che non danno la morte ma aiutano a sperare ancora in una vita migliore.


Il Tordo

venerdì 15 febbraio 2008

Info Colle_ Tiziana Ulivieri primo segretario del Pd a Montecarlo



Una piccola pagina della recente storia politica d'Italia fa tappa anche a Montecarlo. Il nuovo soggetto politico sorto lo scorso autunno con il nome di Partito Democratico, nato dalla fusione degli ex partiti Margherita e Ds, oggi guidato dal candidato premier Walter Veltroni ha infatti scelto il coordinatore comunale per il circolo del nostro comune. L'assemblea comunale del partito ha espresso in votazione, con 9 voti a 4, la nomina a segratario per Tiziana Ulivieri, insegnante elementare e consigliere comunale all'opposizione nel gruppo "Vivere Montecarlo". Con quattro voti è stata invece espressa la candidatura di Marco Pallini (altre informazioni sulle attivita del Pd a Lucca http://www.democraticidisinistra-lucca.it/home.htm ). Aldilà delle valutazioni più personali, in questo blog ininfluenti, è con grande piacere che possiamo registare l'ancora alto grado di impegno civico della nostra cittadinanza sulla scia, perlopiù, di questa preannunciata - ma ancora da vedersi alla prova dei fatti... - semplificazione e responsabilizzazione del panomara politico nazionale. Auguriamo a Tiziana Ulivieri buon lavoro negli interessi certo della promozione dei propri valori e programmi, quanto della tutela, incolore ed impolitica, della nostra intera comunità.

Taccone

mercoledì 13 febbraio 2008

Info Colle_ 1885 - 2008 Il Tordo vola ancora...


Amici di Montecarlo, di Lucca ci si intenda, è proprio così! Il Tordo, il bollettino che informava e divertiva i montecarlesi negli anni ottanta del diciannovesimo secolo, è tornato a volare. Non lo fa più di Domenica, con l'antico volo settimanale fatto di intense battute tipografiche, ma spiega le sue ali negli spazi infiniti della rete virtuale che inonda questo inizio di terzo millennio.
Il Tordo sarà chiunque abbia il piacere del dialogo e della discussione, la voglia di conoscersi e di stare insieme, il desiderio di scoprire ancor più del vivere quotidiano quanto sia un privilegio vivere all'ombra del colle di Montecarlo di Lucca. Niente di più, ma diciamocelo, vi sembra poco?
Della nostra bella terra di Montecarlo ognuno di noi conosce un pò la storia e le tradizioni, chi le peculiarità ambientali ed agricole, altri la virilità dei suoi figli maschi ed il fascino delle sue figlie ma qui il tutto si vuole fondere in un unico vortex di parole e di pensieri così da rendere alla portata di ciascun montecarlese doc e di ciascun amico di Montecarlo quel patrimonio identitario che ci rende unici ed orgogliosi.
Sulle ali de Il Tordo troveranno spazio allora pensieri e ricordi, ricerche ed appunti, idee e consigli, storie e cronache, lamenti e felicitazioni, impegno e fatiche, sentimenti ed emozioni tutti tesi a dire e raccontare qualcosa di noi e della nostra terra. Un volo in piena libertà, quello de Il TordoWeb, dove ognuno potrà dire la sua, nei limiti del decoro linguistico - che non vuol dire saper scrivere come Manzoni (per carità!) ma semplicemente non offendere nessuno ne usare un linguaggio "troppo" volgare - e del rispetto degli altri.
Un volo libero quindi da qualsivolgia interesse particolare, animato da modi di vivere e di intendere la vita diversi gli uni dagli altri, capaci di arricchire qualsiasi confronto, ma accumunati da un solo grande sentire: quello di appartenere alla stessa terra, quella stessa terra che ha radici salde su quel colle di Vivinaia dove, ancora oggi, riposano e ci attendono i nostri cari. Si disilluda chiunque, da buon Toscano, penserà altrimenti e si getti subito insieme a noi nel discutere come fossimo da Mauro a San Giuseppe, dal Minghi a Montecarlo, dal Rosellini a San Salvatore!
In questo volo ci sarà spazio solo per tutti, perchè il legame fondamentale che ci unisce tutti è l'essere parte di questa piccola grande terra di Montecarlo.
Allacciate le tastiere e godiamoci il volo de il TordoWeb, buon viaggio a tutti!

Taccone