5 dicembre 2009
Giornata Internazionale del Volontariato per lo sviluppo economico e sociale
Il 5 dicembre si celebra la Giornata internazionale del Volontariato: un universo che conta più o meno 140 milioni di persone e che muove un giro di affari di circa 400 miliardi di dollari.
Un’indagine dell’ Eurobarometro condotto nel 2006 e pubblicato nel febbraio 2007, ha rivelato che tre europei su dieci (con una popolazione Ue oggi di 500 milioni di persone) sostengono di essere attivi nel volontariato. La ricerca condotta dalla John Hopkins University in 37 diversi paesi in tutto il mondo (relativa al progetto del settore no-profit) ha contato circa 140 milioni di persone che si dedicano al volontariato a tempo pieno. Se i volontari fossero una nazione, sarebbero perlomeno il nono paese più popolato al mondo. Il numero esatto di volontari nel mondo è ancora sconosciuto: questo è dovuto al fatto che i governi nazionali raramente includono queste informazioni nelle loro statistiche. Di conseguenza c’è molta disinformazione per quanto riguarda il contributo che i volontari apportano alla società, all’economia e allo sviluppo umano.
Ma chi sono questi volontari? Cosa fanno veramente? Guardiamoci intorno, sono spesso persone di famiglia, i tuoi insegnanti e compagni, colleghi di lavoro, amici e non. Sono persone ordinarie, comuni, che per un impegno personale, senza essere pagati e senza ricevere benefici economici, fanno qualcosa per il bene degli altri e dell’intera società. Solitamente si affidano a Organizzazioni non Governative, associazioni, club o gruppi giovanili. Il volontariato nasce spesso in maniera informale e spontanea, quando aiuti i tuoi vicini o in caso di un disastro ecologico.
I volontari sono genitori che aiutano nelle scuole, che si mascherano da clown negli ospedali e negli ospizi, persone attive nello sport, partecipanti di campagne politiche o in difesa dei diritti umani, ambientalisti, cyber-volontari (specialisti nell’informatica e traduttori), volontari della Misericordia e gente che prende parte attivamente alla vita delle loro comunità. Il volontariato non dovrebbe comunque sostituire i servizi che lo Stato dovrebbe assicurare. Bisogna, inoltre, distinguerlo dai lavori non retribuiti come tirocini, trainings ed altre attività che sono intraprese per ottenere benefici personali.
Ci sono significative differenze tra i paesi e le loro tradizione di volontariato. In Polonia, Croazia ed altri paesi post-comunisti, ci sono più giovani che si dedicano al volontariato, mentre in Italia o Spagna, gran parte dei volontari sono i pensionati. Nell’Europa Occidentale, in generale, un volontario è una persona ben collocata, istruita e di mezz’età. Ad Est, a causa della tradizione di “lavoro di comunità” e di arruolamento “volontario” ma “obbligatorio” durante il periodo comunista, persistono connotazioni negative sul volontariato. Molti credono che fare volontariato significhi lavorare «senza ricevere soldi, lavorare gratis».
I volontari si meritano l’aiuto da parte dei governi, delle autorità locali, delle istituzioni europee e dell’intera società. Ciò permetterebbe di intraprendere con molta più facilità le loro attività, portare avanti le loro missioni e proteggersi da eventuali abusi. Le organizzazioni di volontariato lavorano duramente per convincere coloro che devono prendere decisioni dell’importanza di tenere in considerazione il settore del lavoro volontario, come per il Cev, una rete di centri che si occupano di volontariato, e la campagna già annunciata per lanciare il 2011 come l’anno europeo del volontariato. Questo promuoverebbe certamente il riconoscimento di tutto l’apporto dato dai volontari, celebrerebbe i loro successi e incoraggerebbe altre persone ad essere coinvolte attivamente nella società.
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