La Nutria (Myocastor coypus) è un grande roditore con abitudini acquatiche originario del Sud America. Gli adulti misurano fino a 90 cm e possono raggiungere un peso di 8 kg; è caratterizzata da una folta pelliccia brunastra (ma esistono diverse variazioni di colore), coda cilindrica priva di peli e zampe palmate per facilitare il nuoto. Allevata soprattutto negli anni '70-'80 per la produzione di pellicce (il cosiddetto “castorino”) oggi, in seguito a liberazioni sia deliberate che casuali, si è largamente naturalizzata nelle aree umide di quasi tutta Italia. Si nutre prevalentemente di vegetali, scava tane lungo gli argini lunghe fino a 5 metri e con apertura di 50 cm circa ed è in grado di riprodursi già all'età di 3-7 mesi, producendo 4-5 piccoli per parto. Essendo un animale alloctono, ossia non tipico delle nostre zone, non ha praticamente predatori naturali e solo i giovani individui possono essere cacciati da volpi, rapaci o cani. Questo fattore ne ha determinato un'ampia e incontrollata diffusione, che ha causato danni alla vegetazione naturale (molte piante acquatiche si sono rarefatte in conseguenza alla pressione di questo animale), alle coltivazioni e alle arginature di strade e canali, in molti casi crollate per via delle tane scavate al loro interno.
Già da tempo la presenza della Nutria era segnalata lungo i canali ed i corsi d'acqua collegati con il torrente Pescia di Collodi (come ad esempio nel fosso di Montecarlo) in stretto contatto, quindi, con il Padule di Fucecchio, dove vivono grandi nuclei di questo roditore.
Degno di nota, invece, il ritrovamento di un esemplare morto, probabilmente investito da un'automobile, lungo la Via di Montecarlo (nei pressi del campo sportivo), in una zona collinare e, in ogni modo, non troppo vicina ai corsi d'acqua che fungono da collegamento con i vari paduli. Ricerche più accurate hanno dimostrato, poi, la presenza di alcune tane nella pertinenze del rio San Gallo.
Una nuova specie si aggiunge, quindi, alla fauna del territorio di Montecarlo, con la speranza che la sua diffusione non crei ulteriori danni al nostro ambiente e alle sue coltivazioni.
Roberto Pellegrini
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