lunedì 27 ottobre 2008

Infocolle_ L'Italia del Vino faccia quadrato... anche la Doc di Montecarlo! ecco cosa succedo con la rifoma dell'UE



Non sono ancora terminate del tutto le operazioni di raccolta delle uve nelle nostre vigne, ancora all'inizio ed in piena operosità si trovano le cantine, tanta ancora è la fatica dei nostri operatori del settore, alle prese con mosti e tini ovunque intorno, che a completare il quadro ci mancava proprio la lungimirante opera amministrativa dell'Unione Europea, tanto amata quando sostiene con contributi lo sviluppo (o la sopravvivenza?) del comparto agricolo, quanto vituperata nel momento in cui mette mano, con criteri incomprensibili al cittadino, a norme e regole comuni. I montecarlesi tutti, specie quelli fieri ed amanti della propria produzione vinicola, sono avvisati: con la riforma del comparto vino predisposta dall’Unione Europea, potremmo veder dimezzata la ricchezza enologica nazionale, montecarlese inclusa.
La riforma del comparto vitivinicolo europeo, decisa quasi d'improvviso dai lungimiranti commissari della UE, è pronta a ridisegnare nomi, marchi, etichette e mercati di un comparto più che fondamentale per la nostra produzione nazionale: il tanto amato, invidiato e copiato "made in Italy", che per l'appunto riguarda - per una percentuale pari all’80% - i piccoli comuni d''Italia come Montecarlo, la spina dorsale del bel paese.
Proprio nei piccoli comuni infatti, per precisione nel 99,5% del totale, si trovano i prodotti tipici nazionali con tanto di certificazione, tanto noti a tutto noi: nei piccoli comuni - scusate se insito nella dizione ma vorrei vi fosse chiara - ci sono il 93% delle DOP e degli IGP ed in campo vinicolo il 79% dei vini DOC E DOCG, ovvero tra i più pregiati e conosciuti in tutto il mondo. Dati che ritengo siano più che noti, arcinoti, ai "non eletti" commissari di Bruxelles ed agli "insindacabili" uffici di Strasburgo.
Una riforma, quella che nei prossimi giorni vi forniremo per fila e per segno qui su Il Tordo e presso le aziende agricole, che dovrebbe entrare in vigore nell'agosto del 2009, rivoluzionando e scardindando l'equilibrio socio-economico - già reso fragile per altri varissimi motivi - di molti tra i piccoli comuni, i quali tra fatiche immense ed investimenti importanti (non solo statali, ma spesso anche privati), sono riusciti ad esprimere esempi di autentica eccellenza nella produzione vinicola: realtà competitive sul mercato non solo europeo ma globale, capaci di concentrarsi sull’innovazione e sulla qualità del prodotto, fortificati da una tradizione plurisecolare che fa della cultura del territorio - e noi montecarlesi e lucchesi siamo un esempio che mi piacerebbe mostrare a Bruxelles, non solo a tavola - una fonte di ricchezza non certo sacrificabile alle esigenze di catalogazione di Strasburgo. Non cito, solo perchè evidente, il fattore umano - quello dei produttori o dei lavoratori della terra, se consentirete il termine - con il suo contributo in coraggio, in investimento e lavoro, meglio tradotto in "dedizione".
Per Montecarlo significherebbe festeggiare nel 2009, comtemporaneamente, il 40° anniversario della concessione della Doc - la seconda in Toscana per il bianco, dopo la Vernaccia di San Gimignano, ottenuta con grande sforzo dalla mitica amministrazione Spadoni, con l'ausilio indiscutibile ma dimenticato di un grande uomo, chiamato Federigo Melis - e la data di morte della stessa.
Un motivo per muoversi, non da soli e per abbaglio mediatico, ma in sinergia con tutte le altre realtà vinicole in pericolo, non "chiedendo" l'intervento ma "intervenendo" direttamente con tutte le forze politiche e sindacali della nazione (e complimenti alla Coldiretti, tra le altre).
Se il governo nazionale e tutti i governi locali - regionali, provinciali e comunali, insieme oltre le insegne politiche - non intervengono da subito, l'Italia potrebbe passare dai suoi 500 marchi di qualità a meno di 200, con conseguente totale compromissione di un settore di punta del mondo agroalimentare nazionale. Un settore che si descrive da solo, cari concittadini: un milione di addetti nel settore (il 40 % di tutti i lavoratori vitivinicoli europei sono "italiani"), 700.000 ettari coltivati a vite con quasi 50 milioni di ettolitri di vino prodotti per un valore totale che sfiora i 9 miliardi di euro. Di chi deve fare l'interesse l'Europa unità dunque, costata tanti sacrifici, dinnanzi tali dati? Un esempio concreto sugli effetti della riforma? La previsione di eliminare marchi DOC, DOCG e IGT per regalarcene due di caretter europeo, DOP e IGP. Un concetto discutibile e forse anche apprezzabile se teniamo conto del vivere in mercato comuune, sempre però si tenga conto del patrimonio economico, ambientale e culturale del nostro territorio, che io considero inestimabile, e del resto d'Europa. Mi comprenderanno i lettori quanto spero i nostri fratelli europei, alle prese con lo stesso nostro dilemma.
Montecarlese, ce lo vedi il nostro vino ed il nostro olio accanto a quello greco - buono anch'esso che diamine! - distinti dai colori di una etichetta dove entrambi però portano il marchio "made in europe"? Io, no. Credo non basti.
Il Presidente delle Città del Vino Valentino ha suonato la carica, ora tocca al ministro per le politiche agricole Zaia fare ed essere la cavalleria al galoppo, assieme ai presidenti di regione con relativi assessori, ai presidenti di provincia con relativi assessori, ai sindaci con relativi consigli comunali, senza dimenticare la vasta rappresentanza di deputati europei che ci "dovrebbero" rappresentare e tutelare al Parlamento Europeo. A loro farsi portatori unici di un'unica richiesta, diventare le dita di una sola mano, con la quale battere in pugno sui tavoli di Bruxelles prima che sia tardi, se già non lo è.
Per saperne di più? prego! La famigerata OCM Vino (Organizzazione Comune di Mercato del settore vinicolo) viene prevista dal Regolamento n. 479/2008, tra pochi giorni disponibile qui per voi.
Vittorio Fantozzi

1 commento:

Anonimo ha detto...

BAFFO.....pensaci te!!!!!!!!!!