giovedì 11 dicembre 2008

IN LIBRERIA_STEFAN ZWEIG - IL MONDO DI IERI


Andiamo incontro al tempo come esso ci cerca – Shakespeare, Cimbelino

Siamo di fronte ad uno dei quei libri che indirettamente ci parlano di filosofia. Questa, come si saprà, talvolta si annida più nelle pagine di poeti e romanzieri che nelle grigie note dei professori universitari. Il mondo di ieri (Die welt von western) è un romanzo autobiografico che testimonia la graduale trasformazione dell’Europa dal periodo che va dalla belle epoque sino alla seconda guerra mondiale. Zweig illustra molto bene il mondo borghese di fine ottocento, dal quale proviene, ed al quale cerca sin da giovane di ribellarsi in nome di una cultura anti-accademica e d’avanguardia. Proprio la cultura fu lo strumento di ribellione del giovane autore, che disdegnava le fredde lezioni ginnasiali ed accademiche dei professori assurgici e si rifugiava nei caffè viennesi, anima di un mondo in movimento verso nuove forme artistiche e letterarie, per conoscere veramente il mondo. Zweig descrive una Vienna di fine ottocento come una capitale multietnica e metropolitana, all’apice del fervore culturale di quella che è stata unanimemente definita la belle epoque. Ma la belle epoque è un ossimoro, è la tragedia di quel secolo tragico che sarà il novecento. Fu un mondo lontano anni luce dal nostro. Un’era di pace senza precedenti che, accompagnata dall’entusiasmo delle masse, aprì la strada a quel grande massacro che fu la prima guerra mondiale. Lontano dalle masse euforiche che accolsero la guerra come grande liberatrice, Zweig vi presagì l’orribile macello che in realtà fu. Una vasta ondata di sangue, infatti, pervase per quattro lunghi anni le vene dell’Europa. A conflitto terminato, dopo un lungo soggiorno in Svizzera, se ne tornò nella sua sconfitta Austria e la vide sì, in miseria ed umiliata, ma anche molto più umana rispetto a prima. Proprio a causa della graduale perdita di valore del denaro, gli uomini seppero apprezzare meglio i veri valori della vita come l’amore, l’arte e l’amicizia. Paradossalmente, proprio nel periodo più buio della sua storia, in Austria ci fu un fiorire della cultura e delle arti. Si svilupparono cinematografi e teatri, cabaret ed imprese commerciali, decadde la vecchia e bigotta morale borghese ed un nuovo mondo si affacciò alle porte. Era la gioventù che aveva dato l’assalto trionfale al mondo dei loro genitori. Si iniziò a guardare al futuro senza avere più paura del presente e si tornò nuovamente a credere fermamente nel progresso; in esso i socialisti vi vedevano la speranza di un’uguaglianza economica, mentre i borghesi un poco precisato miglioramento materiale. Si tornò a lavorare, l’inflazione tedesca giunse al termine e per un decennio l’Europa parve nuovamente plasmarsi sul piano politico e culturale e sembrò rinascere dalle ceneri della guerra. Come accadde per la belle epoque, tutto questo entusiasmo non fu che il preludio ad nuova tragedia. Iniziò il riarmo e, nonostante la grande lezione offerta dal primo conflitto mondiale, le masse furono nuovamente accecate dai nuovi agitatori della violenza, i quali portarono nuovamente nella culla della civiltà occidentale la barbarie della guerra. Zweig, che era di origine ebraica, all’ascesa di Hitler al potere fuggì in Inghilterra. Mentre in Germania si bruciavano i suoi libri, logorato dall’esilio ed angosciato per le sorti a cui stava andando nuovamente incontro la sua cara Europa, decise di suicidarsi. E lo fece in nome di un principio davvero raro: tra l’arte e la vita si era rotta l’armonia. Nel 1942 ci lasciò uno dei più grandi europeisti, che auspicò uno stato supernazionale che fosse dimora della pace e della libertà, sede ospitale di ogni opinione, nel quale potessero convivere assieme le diverse etnie, le diverse lingue e le diverse culture. Il sogno di Zweig di un’Europa federata dal basso, solidale ed affratellata è tuttavia lungi dal divenire realtà. Dilaniata da secolari contrasti intestini, bicefala dal punto di vista della politica estera, disomogenea in politica interna, l’Europa pare oggi esistere solamente sul piano economico, mentre sul piano istituzionale risulta un oggetto non ancora identificato. La speranza di un’Europa autonoma dal punto di vista politico e ben definita dal punto di vista amministrativo è però l’ultima a morire. Già Nietzsche diceva: “ l’Europa si farà solo sulla soglia della tomba”.

Dario Donatini.

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