martedì 21 aprile 2009

CONSIDERAZIONI SULL’EUROPA


“essere europeo significa ereditare una storia e condividere attraverso quel lascito ricevuto e rivendicato una certa maniera di vivere, di pensare e di sentire la propria relazione con la politica” - Jean-Louis Bourlanges


I processi economici globali trascendono lo stato-nazione e ne determinano la crisi, infatti esiste un netto divario spaziale tra lo stato sovrano in quanto tale e le caratteristiche organizzative del capitalismo moderno. Per far fronte a tale situazione, gli stati sovrani si stanno riunendo in blocchi economico-politici che stanno allargandosi sempre più, a seguito delle enormi pressioni delle nazioni escluse che desiderano assicurarsi l’entrata (teoria del domino). Dal punto di vista economico, tra le diverse forme di integrazione regionale, quella europea è certamente la più sviluppata. Essa infatti raccoglie oltre 400 milioni di abitanti, è nata da oltre 50 anni e raccoglie entro a sé molte delle istituzioni più avanzate del mondo. L’Europa, a seguito della crisi dello stato-nazione, rappresenta dunque l’ultimo grande baluardo di fronte all’espansionismo economico asiatico e statunitense, sempre più desideroso di inglobare nuove fette di mercati. Per questo l’allargamento dell’Unione Europea mi è apparso – in un’ottica di lungo periodo – tutto sommato necessario. Con l’allargamento ai cosiddetti Paesi Nuovi Entranti (PNE) si profila una nuova divisione del lavoro europea: aumenta di fatto il numero dei consumatori, ci saranno nuovi mercati di sbocco per le imprese occidentali in crisi ed i paesi dell’Est costituiranno le basi economiche a basso costo per il rilancio del vecchio continente. Ne è sorta una fase di aggiustamento strutturale che ha scaturito una forte crisi per molte industrie di particolari settori: tessile, agricolo e manifatturiero. Ma tutto ciò (ampiamente previsto) sarà destinato a durare solo per un breve periodo, poiché si sta già cominciando a profilare una ri-specializzazoine delle industrie dell’Europa Occidentale, che troveranno nuovi spazi nelle community chains globali e si presume che riporteranno l’Europa sugli standard economici antecedenti la crisi. Sta di fatto che i problemi relativi all’allargamento non sono poi tanto economici, quanto politici. Da questo punto di vista, infatti, risulta palese che l’accrescimento della membership abbia apportato alla comunità seri problemi dal punto di vista sociale (aumento della criminalità a seguito dell’apertura delle frontiere con l’est) ed istituzionale (ostruzione del processo decisionale europeo). Tuttavia, sembra che i benefici dell’integrazione siano molto maggiori rispetto ai costi.
Se, il peso economico dell’Europa - dovuto specialmente alla stabilità della sua moneta - tenderà in futuro a farsi sentire sempre di più a livello globale, il sogno di un’Europa forte politicamente è ancora lontano dal divenire realtà. E di ciò, in questa fase di globalizzazione, ne abbiamo sempre più bisogno. In primis per il fatto che l'Unione Europea risulta l’unica istituzione in grado di risolvere i problemi derivanti dalla deregulation globale (lo stato-nazione non riesce più a risolvere i problemi nazionali, mentre la formazione di un regime economico globale è ancora allo stato embrionale). In secondo luogo perché l’Europa, senza una politica, resterebbe assoggettata a quella che proviene dall’altra sponda dell’Atlantico. Risulta allora necessario che l’Europa venga rifondata politicamente. Ma per far ciò è necessario affermarne e definirne una chiara identità: ovvero si deve comprendere che i popoli europei hanno una medesima appartenenza ad un’area di cultura e di civiltà. Si deve tener presente che l’Europa è la terra dove la democrazia non solo è praticata, ma anche la terra dove questa è stata inventata. Un’Europa democratica e federata dal basso, valorizzatrice delle differenze, è ciò che il vecchio continente necessita per eliminare i focolai intestini che sino ad oggi l'hanno pervasa (si veda alla situazione balcanica). L’Europa necessita di affermarsi, per divenire potenza creatrice ed agire da polo regolatore in un mondo policentrico; ma che per far ciò necessita di un progetto politico, di un pensiero strategico che possa dare risposte adeguate alla crisi economica e politica che stiamo vivendo. Si parla di costruire l’Europa, per far ciò è necessario che un gruppo di paesi d’avanguardia getti le basi per la formazione di una nuova entità politica interstatuale. La mia speranza è che la nostra nazione non tardi a svolgere un ruolo rilevante in tutto ciò.

Dario Donatini

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