Si è materializzata tra le foto di scorrimento il volto di uomo che subito mi è perso conoscere e poi riconoscere e poi ritrovare in ricordi sbiaditi di una gioventù lontana... non penso nemmeno che a Montecarlo via un via, corte o anfrione che ne porti il nome, ma va là... a rinfrenscare la memoria e dare un pò di polpa a questo bel Tordo ci penserò anch'io parlandovi di lui. Righe perse nel web che magari un giorno un giovine agli studi potrà recupare dai fondali del web per trarne qualche cosa di buono e di utile...
Giuseppe Mazzini è stato uno dei più grandi pensatori italiani nonché l’apostolo dell’unità Italiana. Nato a Genova nel 1805, borghese, di idee democratiche, esiliato a Marsiglia entrò presto in contatto con i maggiori esponenti dell’emigrazione democratica (Buonarroti, Sismondi, Lammenais). In lui le ispirazioni democratiche erano inserite in una concezione caratterizzata da aspetti mistico-religiosi e dominata dall’idea di una missione spettante all’Italia. Critico severo dell’individualismo settecentesco, credeva fortemente nel principio di associazione e la sua fede nella libertà e nel progresso era vista come una fede religiosa. L’idea della nazione aveva nel pensiero mazziniano un posto fondamentale, essa era un’entità culturale e spirituale attraverso la quale si sarebbe realizzato il sogno di un’umanità libera ed affratellata. All’Italia spettava quindi il compito di spezzare le catene imposte dal vecchio ordine e di farsi iniziatrice di un generale moto di emancipazione.
Nel pensiero mazziniano, tutto impostato su valori ideali, non c’era spazio per le teorie materialistiche, economicistiche e per la lotta di classe, anche se non ignorava i problemi sociali, che dovevano essere risolti attraverso l’associazionismo. Inoltre, Mazzini riteneva il diritto di proprietà come base dell’ordine sociale e considerava pericolosa qualsiasi teoria che tendesse a dividere la collettività nazionale. Il suo programma politico risultò estremamente chiaro: l’Italia doveva rendersi indipendente e darsi una forma di governo unitaria e repubblicana. E la via per raggiungere l’indipendenza poteva essere solo quella di un’insurrezione popolare, portata avanti da tutte le classi sociali. Lo strumento per realizzare l’insurrezione doveva essere un’organizzazione di tipo nuovo, che rendesse palesi i suoi principi fondamentali e che accanto all’azione cospirativa svolgesse un’opera continua di educazione politica. La nuova organizzazione nacque nel 1831 in Francia e prese nome di “Giovine Italia”, adottò come simbolo il tricolore e riunì attorno a se numerosi emigrati. Nell’ “istruzione generale per gli affratellati della Giovine Italia” redatta dallo stesso Mazzini nel 1831 vennero esposti i principi fondamentali (libertà, uguaglianza, umanità) e gli obiettivi politici dell’associazione (unità nazionale, indipendenza, repubblica). Caratteristico dell’apostolato di Mazzini era il legame inscindibile tra teoria e prassi (tra pensiero ed azione), poiché nessuna insurrezione poteva avere senso senza una fede che la ispirasse e nessuna rivoluzione poteva sostenersi senza un’azione concreta e costante.
L’obiettivo principale dell’azione mazziniana fu il Regno di Sardegna, dove operava un nucleo importante dell’organizzazione; ma la spedizione in Savoia del 1833 si risolse in un fallimento. Così Mazzini, duramente criticato si trasferì in Gran Bretagna mentre Garibaldi, che prese parte al tentativo di insurrezione, riparò in Sud America. Mazzini si concesse quindi un periodo di riflessione (“la tempesta del dubbio”. come egli stesso la definì), che alla fine non provocò però radicali cambiamenti nei suoi ideali; concepì infatti che la santità della causa per cui lottava giustificava anche i più dolorosi sacrifici. Così nel 1834 fondò la Giovine Europa e nel 1840 rifondò la Giovine Italia. Nel 1845 in seguito al fallito tentativo rivoluzionario dei fratelli Bandiera (appartenenti alla Giovine Italia) pubblicò a celebrazione della loro impresa ed a giustificazione del suo operato, i “ricordi dei fratelli Bandiera”. Nel 1847 scrisse a Pio IX per indicargli la via da seguire nel campo delle riforme ma lo scoppio dei moti del 1848 lo videro ritornare in Italia. Partecipò all’esperienza della Repubblica Romana e difese la città di Roma dall’assedio delle truppe francese chiamate da Pio IX per liberare la città dagli insorti. Caduta Roma ricominciò per lui l’esilio. A Londra dette vita al Comitato Nazionale Italiano e lanciò il prestito nazionale per la causa italiana, per finanziare le nuove insurrezioni armate come quella di Pier Fortunato Calvi in Cadore (1853) e di Carlo Pisacane a Sapri (1857), entrambe conclusesi tragicamente. Isolato ed in piena crisi sulle colonne di “Pensiero ed Azione” Mazzini condannò l’accordo franco-piemontese che precedette la seconda guerra d’indipendenza, pur incitando i suoi fedeli a combattere sotto la bandiera dei Savoia. Anche se in contrasto con Garibaldi appoggiò comunque l’impresa dei mille che portò al massimo successo del suo Partito d’Azione (creato nel 1953 dopo lo scioglimento dell’Associazione Nazionale Italiana) prima del definitivo affermarsi del moderatismo su tutto il territorio nazionale. Nuovamente esule a Lugano ed a Londra fu contrario alla soluzione sabauda della lotta per l’Unità Nazionale e cercò più volte di sollevare le plebi i nome dell’ideale repubblicano. Per questo nel 1870 cercò di organizzare un tentativo insurrezionale che, partendo dalla Sicilia, avrebbe raggiunto Roma e cacciato il Papa dalla capitale così restituita agli italiani. Ma il moto fu scoperto ancor prima che avesse inizio ed il patriota fu incarcerato a Gaeta. Favorito da un’amnistia riprese la via dell’esilio. La sua condanna alla Comune di Parigi del 1871 gli alienò definitivamente le simpatie della maggioranza del movimento democratico italiano e del movimento operaio nazionale. Rientrato clandestinamente in Italia, visse gli ultimi mesi di vita a Pisa, sotto il nome di dr. Brown. E’ sepolto nel cimitero monumentale di Staglieno (Genova).
Nel pensiero mazziniano, tutto impostato su valori ideali, non c’era spazio per le teorie materialistiche, economicistiche e per la lotta di classe, anche se non ignorava i problemi sociali, che dovevano essere risolti attraverso l’associazionismo. Inoltre, Mazzini riteneva il diritto di proprietà come base dell’ordine sociale e considerava pericolosa qualsiasi teoria che tendesse a dividere la collettività nazionale. Il suo programma politico risultò estremamente chiaro: l’Italia doveva rendersi indipendente e darsi una forma di governo unitaria e repubblicana. E la via per raggiungere l’indipendenza poteva essere solo quella di un’insurrezione popolare, portata avanti da tutte le classi sociali. Lo strumento per realizzare l’insurrezione doveva essere un’organizzazione di tipo nuovo, che rendesse palesi i suoi principi fondamentali e che accanto all’azione cospirativa svolgesse un’opera continua di educazione politica. La nuova organizzazione nacque nel 1831 in Francia e prese nome di “Giovine Italia”, adottò come simbolo il tricolore e riunì attorno a se numerosi emigrati. Nell’ “istruzione generale per gli affratellati della Giovine Italia” redatta dallo stesso Mazzini nel 1831 vennero esposti i principi fondamentali (libertà, uguaglianza, umanità) e gli obiettivi politici dell’associazione (unità nazionale, indipendenza, repubblica). Caratteristico dell’apostolato di Mazzini era il legame inscindibile tra teoria e prassi (tra pensiero ed azione), poiché nessuna insurrezione poteva avere senso senza una fede che la ispirasse e nessuna rivoluzione poteva sostenersi senza un’azione concreta e costante.
L’obiettivo principale dell’azione mazziniana fu il Regno di Sardegna, dove operava un nucleo importante dell’organizzazione; ma la spedizione in Savoia del 1833 si risolse in un fallimento. Così Mazzini, duramente criticato si trasferì in Gran Bretagna mentre Garibaldi, che prese parte al tentativo di insurrezione, riparò in Sud America. Mazzini si concesse quindi un periodo di riflessione (“la tempesta del dubbio”. come egli stesso la definì), che alla fine non provocò però radicali cambiamenti nei suoi ideali; concepì infatti che la santità della causa per cui lottava giustificava anche i più dolorosi sacrifici. Così nel 1834 fondò la Giovine Europa e nel 1840 rifondò la Giovine Italia. Nel 1845 in seguito al fallito tentativo rivoluzionario dei fratelli Bandiera (appartenenti alla Giovine Italia) pubblicò a celebrazione della loro impresa ed a giustificazione del suo operato, i “ricordi dei fratelli Bandiera”. Nel 1847 scrisse a Pio IX per indicargli la via da seguire nel campo delle riforme ma lo scoppio dei moti del 1848 lo videro ritornare in Italia. Partecipò all’esperienza della Repubblica Romana e difese la città di Roma dall’assedio delle truppe francese chiamate da Pio IX per liberare la città dagli insorti. Caduta Roma ricominciò per lui l’esilio. A Londra dette vita al Comitato Nazionale Italiano e lanciò il prestito nazionale per la causa italiana, per finanziare le nuove insurrezioni armate come quella di Pier Fortunato Calvi in Cadore (1853) e di Carlo Pisacane a Sapri (1857), entrambe conclusesi tragicamente. Isolato ed in piena crisi sulle colonne di “Pensiero ed Azione” Mazzini condannò l’accordo franco-piemontese che precedette la seconda guerra d’indipendenza, pur incitando i suoi fedeli a combattere sotto la bandiera dei Savoia. Anche se in contrasto con Garibaldi appoggiò comunque l’impresa dei mille che portò al massimo successo del suo Partito d’Azione (creato nel 1953 dopo lo scioglimento dell’Associazione Nazionale Italiana) prima del definitivo affermarsi del moderatismo su tutto il territorio nazionale. Nuovamente esule a Lugano ed a Londra fu contrario alla soluzione sabauda della lotta per l’Unità Nazionale e cercò più volte di sollevare le plebi i nome dell’ideale repubblicano. Per questo nel 1870 cercò di organizzare un tentativo insurrezionale che, partendo dalla Sicilia, avrebbe raggiunto Roma e cacciato il Papa dalla capitale così restituita agli italiani. Ma il moto fu scoperto ancor prima che avesse inizio ed il patriota fu incarcerato a Gaeta. Favorito da un’amnistia riprese la via dell’esilio. La sua condanna alla Comune di Parigi del 1871 gli alienò definitivamente le simpatie della maggioranza del movimento democratico italiano e del movimento operaio nazionale. Rientrato clandestinamente in Italia, visse gli ultimi mesi di vita a Pisa, sotto il nome di dr. Brown. E’ sepolto nel cimitero monumentale di Staglieno (Genova).
Beppino Donatini
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