domenica 4 gennaio 2009

FRANCO LA CECLA, CONTRO L’ARCHITETTURA, BOLLATI BORINGHIERI, 2008



Soprattutto, non possiamo non vivere nel presente” – Thoreau, Camminare

Questo vivace pamphlet, che ha avuto un enorme ed inaspettato successo, mette in atto una serrata polemica contro l’architettura attuale, incapace di far fronte in modo adeguato ai problemi che attanagliano le nostre città. Infatti gli architetti progettano spesso chiusi all’interno del loro studio - lontano anche parecchi chilometri dal luogo in cui devono operare - e sono costretti a far fronte ad imminenti scadenze, così da non riuscire a mettere in risalto il contesto nel quale sono chiamati ad intervenire. Se non viene data la necessaria rilevanza al contesto, però, interi quartieri possono divenire ghetti e si possono creare sconcertanti dinamiche sociali (aumento della criminalità, psicosi collettiva, emigrazione etc.). Ecco perché La Cecla, architetto ed antropologo, invita ad andare oltre l’architettura ed a privilegiare un approccio multidisciplinare a riguardo della progettazione delle città. L’architettura quindi non deve chiudersi in un mondo autoreferenziale ma deve aprirsi ad altre discipline, solo in tal modo può operare con minore approssimazione e superficialità. Ad esempio, come afferma giustamente Giambattista Vico, se non si conosce la ragione storica dei fenomeni, non possiamo conoscerne nemmeno la loro natura. I luoghi infatti sono tali perché dotati di una memoria e di un’identità, che però possono perdere a seconda di come si agisce. Purtroppo in Italia manca ancora l’edilizia di qualità, in quanto si tende a privilegiare prioritariamente l’esteriorità a scapito di altre ben più importanti funzioni (ad esempio la vivibilità). Visto il graduale aumento dei fenomeni di micro-criminalità in determinate regioni d’Italia, non possono essere più tollerati sbagli. Gli scempi come quelli operati nel quartiere Zen di Palermo od in quello napoletano di Scampia - gli ampi spazi per le strade sono confacenti non altro che per i cocainomani - sono un esempio di come non si deve agire. Scarseggiano per contro progetti da imitare. Per salvaguardare le nostre città occorre allora una tempestiva presa di coscienza, da parte di chi opera sul territorio, a riguardo delle problematiche sociali del nostro tempo, che può essere raggiunta solamente grazie ad un approccio interdisciplinare nei confronti dei complessi fenomeni urbani. Solo in questo modo si possono trovare soluzioni idonee a risollevare le nostre città dalla bruttezza e dalla decadenza. La qualità della vita è determinato in particolar modo dall’ambiente in cui viviamo ed intervenire in modo inadeguato non farà altro che peggiorare le cose. E’ lecito ricordare che la città è testimone del nostro passato ma anche, e soprattutto, fondamento per il nostro futuro.

Dario Donatini.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Gentilissimo Dario, ho molto apprezzato l'articolo che hai pubblicato. esso infatti pone una serie di interessanti riflessione sul ruolo che gli architetti dovrebbero sviluppare nelle pianificazioni urbanistiche dei territori. Credo, e qui lancio una proposta al blog, che questo tema debba essere affrontato con un 'approfondimento tecnico che sia in grado di mettere a disposizione dei cittadini alcune conoscenze per favorire una cultura che superi l'idea dell'edificazione ad ogni costo ( clientelare o speculare che sia) impostando invece l'idea dell'urbanizzazione come questione di findo del piacere di vivere una realtà arricchita dai rilievi architettonici che un'attenta pianificazione può dare.