martedì 24 febbraio 2009

RIFLESSIONI DI UNA MASCHERA

Chi vuol essere lieto, sia – del doman non v’è certezza



Il carnevale è una festa che mi ha sempre affascinato in quanto ha delle origini arcane e costituisce una eccellente occasione comunitaria. Questa festa consente di ritrovarsi, di stabilire nuovi rapporti interpersonali e di evadere da quell’angosciante tempo produttivo che domina il presente. Indossando una maschera mi pare che cessino quelle gerarchie di classe che dominano la nostra società dell’avere. Inoltre, come sostengono molti antropologi, è mascherandosi che fuoriesce veramente ciò che noi siamo. La maschera non si indossa fuori ma dentro noi stessi, essa ci spoglia nel momento stesso in cui ci copre, facendo emergere la nostra personalità più profonda, il nostro Io più vero. La maschera dona gioia e allo stesso tempo sicurezza, in quanto è la liturgia stessa ad assumere una funzione protettrice. Infine esorcizza e prende in giro la morte, regalando così la provvisoria vittoria della finitudine umana sui crepuscoli del domani.
Il carnevale è quindi quel caos divino e danzante che è allo stesso tempo creatore di forme, arte cangiante e per questo irriconoscibile. Il carnevale è il trionfo di Dioniso su Apollo, della trasgressione sulla regola, dello straordinario sull’ordinario. Per questo è anche una peculiare valvola di sfogo di quella violenza che, come sanno bene gli antropologi, è un aspetto fondante di ogni civiltà (si veda ai miti di Prometeo e di Caino od ai riti sacrificali presso gli Aztechi). Della violenza non possiamo fare a meno in quanto essa fa parte integrante dell’animale così come dell’uomo. Essa però può (o meglio deve) essere canalizzata. C’è bisogno allora di valvole di sfogo come il carnevale per far sì che questa venga indirizzata e resa sacra mediante la festa. Se non si dà sfogo a questa violenza intrinseca ad ognuno di noi pare certo che questa troverà altre vie, dando vita a problematiche sociali anche gravi. Ben vengano quindi fenomeni satireschi al limite dell’aggressività e quel caos festoso ma allo stesso tempo corrosivo e distruttore della quotidianità che porta al provvisorio sovvertimento della realtà. Allora non resto altro che gridare viva il carnevale, rivincita ed allo stesso tempo trionfo dei folli, dei bambini e di tutti quegli emarginati che si trovano sottomessi dall’odierno Potere tecnologico-capitalistico.

DOTTOR FAUST

3 commenti:

Anonimo ha detto...

CARNEVALE

Il suono festoso
di ottoni e tamburi
sparge calore
nell'aria pungente
di un pomeriggio invernale.

Sciami di coriandoli
volteggiano, poi cadono giù
a ricamare tappeti
che anticipano i colori
della primavera.

Bambine e bambini
portano a spasso
la loro innocenza
dietro una maschera.

Quando cresceranno
resterà solo la maschera.

Renzo Tori

Anonimo ha detto...

La persona a volte si maschera per mostrare la sua vera identità. E grazie a questa maschera non ha paura di essere giudicata.

E' curioso che proprio il significato etimologico della parola PERSONA (che deriva dal latino Personae) sia MASCHERA. Sembra che i Latini avessero già capito che le "persone" che normalmente incontriamo, indossano una "maschera", nel senso che non si mostrano realmente per quello che sono, e questo per vari motivi, o per il timore di essere giudicati, o per la paura di risultare sgradevoli a qualche potente di turno, ecc...

Insomma, è interessante vedere, secondo me, come dall'etimologia di una parola si possa spesso fare una interpretazione sociologica, psicologica e antropologica (e sicuramente mi dimentico qualcosa) di un fenomeno culturale di qualsiasi tipo.

Lucas

Anonimo ha detto...

IL commento (la poesia) di renzo tori merita un post a se perchè è davvero molto bella. Dario.