Il filosofo francese Paul Virilio in questo libro analizza criticamente alcuni dei caratteri peculiari dell’epoca post-moderna. E’ certo che la rapida diffusione su scala mondiale della tecnologia e dei cosiddetti sistemi informativi computerizzati costituisca la forza motrice dell’attuale processo di globalizzazione. Internet, in particolare, si sta diffondendo a macchia d’olio in ogni angolo del pianeta, pur non senza tratti di discontinuità. Ma la diffusione a livello planetario del world wide web secondo l’autore può essere al tempo stesso “la migliore e la peggiore delle cose. Vi può essere il progresso di una comunicazione pressoché senza limiti e il disastro, l’incontro, un giorno o l’altro, dell’iceberg per questo Titanic della navigazione virtuale”. Ad esempio, è certo che Internet va saputo utilizzare in maniera critica, altrimenti può provocare effetti sconfortanti sui cybernauti. Inoltre, gli inevitabili processi di disinformazione -dovuti se non altro all'eccesso di informazione- che esso inevitabilmente porta con sé sono tali da influenzare e modellare gli stili di vita, i modi di pensare, la sfera comportamentale dell’uomo-massa. L’eccesso di informazione può portare infatti, secondo molti sociologi, ad una non-informazione. Dire tutto, pare equivalere, dunque, a non dire un bel niente. Altro fenomeno caratteristico della post-modernità, per il filosofo francese, è la prevaricazione dell’immagine sul discorso, che ha generato un voyeurismo di tipo universale e un morboso culto della diretta che assieme portano all’inazione più completa (“non succede nulla, tutto passa”). Altri importanti temi toccati da questo vivace pamphlet sono l’arte contemporanea, troppo spesso in linea con i modelli consumistici (e che per questo mal si distingue dalla pornografia) e la tecno-scienza, paragonata ad un sorta di sport dell’estremo praticato senza un’adeguata coscienza. Difatti, questa pseudo-scienza non è più interessata alla verità od alla scoperta di qualche cosa utile al bene comune, ma è divenuta una scienza dell’immediato che si perde nell’eccesso dei suoi presunti progressi e che può portare talvolta alle più grandi aberrazioni, come ad esempio al tentativo di sconfiggere una volta per tutte la morte (si veda agli epigoni del postumano). Per fortuna, però, la natura è fortemente restia ad asservirsi ai fini dell’uomo: se la partita a scacchi di bergmaniana memoria è persa in partenza, un motivo pur ci sarà.
Dario Donatini
3 commenti:
Caro Dario, te e i tuoi film di Ingmar Bergman ispirati da droghe e sostanze psicotrope ci state venendo a noia!
Continua pure a guardarli e farai la fine dei più famosi registi polacchi: morti suicidi in giovane età!
Matteo
Bergman non è un maestro, è il maestro. Pertanto, bisogna avere per Egli solamente venerazione. Ma quando si fa il prossimo ciclo di proiezioni, magari sul vampirismo di Murnau o sul suo Das Kabinet dotto Kaligari"s"?
Pardon, il das cabinet des Dr. Caligari (supremo capolavoro dell'espressionismo tedesco) è di Wiene e non di Murnau.
Ugo.
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