sabato 8 novembre 2008

Pensieri Liberi_ Agricoltura tra passato, presente e futuro.

Da anni a Montecarlo non abbiamo più una politica agraria degna di questo nome. Infatti, a parte i soliti momenti di spettacolarizzazione dei prodotti come il settembre montecarlese, sulle questioni di fondo l’ente comunale non ha elaborato alcuna politica seria. A questa situazione si sono aggiunte alcune questioni di non poco conto come la crisi mondiale delle risorse agricole, il mutamento climatico e il Piano di Sviluppo Rurale della Regione che ha in modo vergognoso inserito Montecarlo e più in generale i comuni della piana di Lucca in ambito urbano e non agricolo. So bene che l’eccezione che verrà mossa a questa critica è determinata dal fatto che oggi non possiamo certo definire Montecarlo comune agricolo che vive di mezzadri e attività agricola generale; ma credo che da un punto di vista anche solo morfologico per la stragrande parte del territorio comunale, questa definizione sia più che calzante, senza dimenticare poi che l’economia locale è nei fatti di tipo agricolo. Questa premessa doverosa non può farci perdere di vista la questione fondamentale della carenza di una politica agraria da parte del comune. Infatti se pur in presenza di alcune collaborazioni, il nostro comune appare oggi assolutamente isolato rispetto al cospetto provinciale e regionale. E non mi si dica che l’acquisizione bandiere arancioni e gemellaggi sono un collegamento poiché essi rappresentano un buon bondage pubblicitario ma non certo sostanza. Infatti quanto parliamo di sostanza nelle politiche agricole è impossibile non partire dall’elemento fondamentale: i servizi all’azienda agraria. Parlo di servizi non di vantaggi, di opportunità non di favori, visto che quando si parla di questi temi la storiella un po’ vecchia che viene fuori è sempre riferita all’esenzione da tributi ecc. Nell’introduzione citavo alcune questioni quali la drammatica riduzione a livello mondiale delle risorse agrarie fondamentali quali riso, mais, ecc. perché, finalmente, in alcuni grandi paesi si è cominciato a mangiare. La polemica sull’aumento dei prezzi di pane e pasta è recente; nei mercati mondiali ci sono stati aumenti notevoli a causa della carenza di questi prodotti dovuti alla scarsa produzione e l’Italia soddisfa ad oggi a malapena un po’ di più del 30% del proprio fabbisogno nazionale dipendendo dall’estero per la parte rimanente. Questo problema emergeva già anni fa ma la lunga corsa speculativa, culminata nel fallimento del sistema finanziario mondiale, aveva sempre oscurato questi dati. L’agricoltura è in economia un settore primario strategico e quando una nazione non è in grado di soddisfare i propri bisogni alimentari di solito è una nazione povera. La prova di questa tesi sta nella spietata lotta che da anni le grandi multinazionali si fanno per il dominio del mercato alimentare attraverso i brevetti e i sementi che sono sempre più ibridi e quindi sostitutivi della normale riproduzione sementizia che sfocia quasi sempre nell’impiego delle biotecnologie come moderna forma di sfruttamento dei popoli. La mutazione climatica in corso, che ha visto salire di 1,5 gradi solo nel 2007 rispetto al periodo decennale precedente la temperatura con una riduzione delle piogge di oltre il 10% di media annua, ci pone anche il problema del trattenimento delle acque e del rinnovamento degli impianti di irrigazione al fine di garantire la capacità produttiva. La crisi mondiale dovuta ai mutui subprime porterà sicuramente ad un calo delle presenze nel settore turistico con un possibile danno anche per i nostri operatori. In tutto questo non nascondo la mia preoccupazione e anche arrabbiatura, per il totale immobilismo di fondo che i politici attuano. Ma che fare allora? Innanzitutto rielaborare una politica agricola che si basi sul contenimento dei costi delle produzioni e di nuovi e moderni servizi alle imprese stimolando e premiando le aziende virtuose, ma anche concedendo possibilità di diventare virtuose a quelle aziende che per ora non lo sono. Elaborare un piano d’intervento che sviluppi azioni inerenti l’ammodernamento delle infrastrutture pubbliche e aziendali. Azioni politiche da parte degli Enti Pubblici di coordinamento delle attività attraverso un percorso itinerante di valorizzazione e promozioni delle produzioni agricole locali continuo. Riconversione energetica delle aziende, ammodernamento delle filiere di produzione, potenziamento e istituzione di raccordi con le istituzioni scolastiche ( Università e Scuole Agrarie) per favorire la ricerca attraverso borse di studio che consentano un coinvolgimento delle nuove generazioni. Politiche fiscali adeguate e non come ultimamente quando i nostri amministratori montecarlesi volevano inserire per quanto riguarda Tia e Acquedotto, gli agriturismi non tra le aziende agricole ma tra le strutture alberghiere. Recentemente una sentenza della cassazione ha ribadito il carattere complementare dell’agriturismo nell’ambito dell’azienda agraria e quindi la tassazione comunale non può essere rapportata ad altra attività! Provo profonda tristezza per chi amministrata un comune come il nostro e non conosce nemmeno lo spirito fondativo dell’agrituristico che nasce come sistema di sostegno al reddito dell’azienda agraria e non certo come attività esclusiva come la ricezione alberghiera. Altro elemento importante che voglio qui rilanciare e la zonizzazione del territorio al fine di certificare l’esclusività delle produzioni. Le cronache di tutti i giorni ci riportano notizie di clonazioni, tentativi di sottrarre marchi e nomi importanti ecc.. La zonizzazione del territorio consentirebbe la valorizzazione dei prodotti locali con il meccanismo della produzione autoctona delle piante. Questo sistema dove applicato a consentito non solo il mantenimento e valorizzazione delle produzioni agrarie, ma anche un valore aggiunto al patrimonio fondiario dell’azienda, elemento questo non trascurabile per la permanenza dell’azienda sul territorio ed deterrente per l’abbandono dell’attività agricola a favore magari di speculazioni edilizie di cui certo Montecarlo potrebbe essere oggetto. Ultimo elemento, ma non certo meno importante, l’agricoltura come elemento di integrazione dei popoli. Sul nostro territorio la comunità Albanse lavora per la stragrande maggioranza in agricoltura ed è perfettamente inserita nel tessuto sociale locale. Devono essere mantenuti i livelli di opportunità lavorativa ed essere combatutti senza nessuna remora tutti quei fenomeni che possono alterare questo equilibrio quali lavoro nero, caporalato ecc. Di fronte a noi ci sono dunque molte sfide per un settore fondamentale dell’economia locale; queste sfide, come riformisti dobbiamo non solo saperle affrontare ma anche saperle guidare e favorire. Senza preclusioni, con intelligenza e decisione, consapevoli del fatto che è proprio dalle grandi sfide come queste che si contribuisce ad innovare un paese che altrimenti non può che finire nel baratro dell’immobilismo negando un futuro ai nostri giovani.

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