Questo quarto resoconto inizia con il giorno più critico … a parte gli ultimi … tra quelli trascorsi a Tougouri …
SABATO 19 GENNAIO 2008
Mi sono svegliato, alle sei, piuttosto in crisi. Forse perché oggi è il “settimo giorno”, o sarà stata la polvere deglutita e inalata durante la notte, oppure perché il mio compagno di camera se la dorme ancora alla grossa (però lui non va a letto con l’elettricità … ma fa sempre le ore piccole con le bimbe della missione …), chissà per quale strano motivo … ma sono di colpo angustiato da domande del tipo: … che ci faccio quaggiù lontano da casa? … riuscirò a reggere ancora per tre settimane e mezzo? … e porterò a termine qualcosa di tutto quello che mi ero prefisso?
Al minimo accenno di sudorino freddo, sintomo di disagio, riesco però a saltare giù dal letto e salutando frettolosamente Barbara che incrocio con la tazzina del caffè, esco di casa, prendo la bicicletta e sostenuto dall’aria fresca della mattina mi faccio una bella pedalata, per qualche chilometro, sulla pista ciclabile a fianco della strada principale, verso Kaya.
(Nota: la foto che correda la seconda puntata, con il cartello di Tougouri, la bicicletta e il giacchetto appeso, è stata scattata in questa occasione).
Oggi è anche giorno di mercato e quindi ho l’occasione per incontrare più gente del solito: mi fermo a salutare ed a parlare con un sacco di persone, con il risultato che dopo un’ora di questa cura i problemi scompaiono e posso tranquillamente tornare a casa per fare colazione (abbondante).
Così vanno le cose quaggiù!
C’è una battuta, in lingua morè, che i locali usano quanto ti vedono alle basse: Yim Yiiré (dimentica i problemi). Ne hanno fatto persino l’insegna di una bouvette.
Per tornare invece alla cronaca, questo dovrebbe essere l’ultimo giorno di “vacanza” perchè ieri sera Giuliano ha parlato al telefono con me e Barbara, assicurando l’accredito dei soldi nel conto corrente di Ouaga e di conseguenza possiamo organizzarci per dare il via ai lavori.
Il resto della mattinata lo passiamo partecipando ai festeggiamenti, organizzati dalla comunità musulmana, per il ritorno del suocero di Oliviero dalla visita alla Mecca.
Il ritrovo è lungo la strada per l’arrivo del corteo di lussuose macchine ed un bus, noleggiati per l’occasione, e poi la sfilata di gente prosegue fino alla moschea, dove si svolge la cerimonia religiosa ed alla quale possiamo accedere anche noi “infedeli”, ben accolti senza il minimo problema.
Tutta la grande famiglia si stringe intorno all’importante parente, sfoggiando un abbigliamento che per tutti, uomini, donne e bambini, è fatto con stoffa dello stesso colore.
Dopo la parte religiosa si va verso la corte dove abita il festeggiato il quale, seduto su una poltrona poggiata su un pavimento di tappeti, riceve i saluti di bentornato dagli intervenuti, che gli si inginocchiano davanti (compresi noi della comunità nasara).
Segue una grande mangiata ed è la prima occasione in cui mi capita di mangiare con le mani, ma per noi nasara sono state adottate particolari attenzioni: la mensa è stata allestita sotto una tettoia appositamente costruita fuori dalla corte riservata ai soli musulmani, ci danno un secchio dove possiamo lavarci le mani e l’acqua da bere è confezionata in buste sigillate.
Le libagioni occupano anche gran parte del pomeriggio per cui ci resta il tempo per trascinarsi abbastanza stancamente fino a buio passeggiando per il paese, particolarmente animato per la giornata prefestiva.
Prima che vada via la luce facciamo in tempo a vedere Mauro che, per leggere a letto, ha acceso ben cinque candele sul comodino.
Le battute e le risate si sprecano: Baldo fa presente all’interessato che l’uso delle candele non è compreso nella tariffa dell’albergo e Don Armando coglie l’occasione per recitare un “de profundis”.
L’oggetto di tante attenzioni però non si scompone minimamente e mantiene l’aria tranquilla e un po’ svagata di sempre.
DOMENICA 20 GENNAIO 2008
E’ la prima domenica a Tougouri. Fa piuttosto freddo. Alle sette e mezzo siamo tutti alla messa celebrata da Père Clement. La cerimonia è più corta del solito e infatti ce la caviamo in poco più di un’ora e mezzo.
In chiesa ci sono anche degli spazi vuoti, causati sicuramente dalla bassa temperatura che ha bloccato chi doveva venire da lontano.
All’uscita rivedo finalmente il piccolo amico Gerard (quello ritratto con il cappellino della Gran Fondo 2006 nelle foto esposte lo scorso anno): è un po’ cresciuto ma il carattere chiuso è rimasto lo stesso.
Trascorro il resto della mattinata ed il primo pomeriggio in giro con la bicicletta per il villaggio a conversare e scherzare con un po’ di gente.
Alle cinque, tutti alla bouvette (attrezzata anche come sala da ballo) “Chez Isaca” per assistere alla partita inaugurale della Coppa d’Africa. Si pagano 100 CFA per l’ingresso in sala e c’è la consumazione obbligatoria ma senza aumento dei prezzi (400CFA per Brakina, Yukki, Cola o Fanta).
Vince il Ghana, paese organizzatore, per due a uno contro la Giunea, ma il rigore con il quale si sblocca il risultato in effetti non c’era perché il fallo è stato commesso abbondantemente fuori area.
E questo è stato il pretesto per far alzare in piedi uno spettatore che commenta (senza però alzare la voce): “Arbitro algerino, sei un arabo imbecille e parassita”.
Per il resto le due tifoserie, allo stadio come al bar, si comportano molto sportivamente, scaldandosi persino per le azioni più belle dei rispettivi avversari … nulla a che fare con quello che si vede, e si sente, nei nostri campi di calcio!
Colpiscono, in campo, i gesti atletici dei contendenti e l’estrema correttezza tra i giocatori che, quando cadono, si rialzano subito senza manfrine o strepiti.
Dopo cena, alle dieci puntuale come sempre, mi butto a letto e mi addormento all’istante.
LUNEDI’ 21 GENNAIO 2008
Mi alzo alle sei e mezzo per cominciare bene la mia prima giornata di lavoro. Sto facendo ancora colazione quando Oliviero viene a prendere Barbara per accompagnarla a Ouaga.
Alle otto arrivano i miei tre aiutanti, Leopold, Dominique ed Armand, per fare il rilevo dei fabbricati del C.F.C. Centro di Formazione dei Catechisti.
Non immaginavo di abitare in un vero e proprio villaggio a se stante, esteso su una superficie recintata di oltre venti ettari e composto da residence a schiera, monolocali, case unifamiliari, edifici di servizio (chiesa, asilo, aule, ecc.) e fabbricati vari, il tutto per accogliere un centinaio di catechisti, alcuni con famiglia.
A metà mattinata, come si fa in tutti gli uffici che si rispettino, propongo una sosta ed invito i miei collaboratori alla bouvette di Atanase, per una bevuta.
Appena finita la brakinà, Armand mi chiede di riprendere il lavoro perché gli è preso freddo. In effetti c’è un gran vento, abbastanza fresco, che non ci dà tregua e ci disturba non poco nelle operazioni di misurazione.
Rientrato a casa allestisco un tavolo da disegno piuttosto naif, con attrezzi da disegno non proprio all’altezza, ma ciò non mi impedisce di ultimare il disegno prima del rientro di Barbara.
Tra l’altro le misure, prese con una rotella da cinquanta metri con nastro metallico, si dimostrano più precise di quanto mi aspettassi, con una approssimazione accettabile.
Alle cinque, con Barbara, andiamo a vedere la partita tra la Costa d’Avorio e la Nigeria, ma lo spettacolo è piuttosto deludente per cui appena ci raggiunge anche Baldo si decide per lo “struscio” nel vialone di Tougouri.
Cogliamo l’occasione per una sosta da Alice, una bella ragazza amica di Baldo che con l’aiuto del microcredito ha messo in piedi un punto di ristoro.
Con cento franchi si mangiano, naturalmente con le mani, un paio di palle di polenta di miglio da intingere in una salsa di erbe, contenuta in un recipiente che serve anche agli altri commensali seduti al tavolo. Per bere, acqua da tanica.
La successiva cena preparata da Philippe ci sembre degna di un quattro stelle Michelin.
Alla prossima settimana con un'altra puntata. Nasara